Angeli caduti sotto i colpi del politically correct

Il brand di lingerie statunitense cerca la rottura e propone un collettivo di donne per "merito" e non per merito delle curve. La prosopopea del politicamente corretto non si ferma davanti a nulla. Il mercato, anche quello dei reggicalze, risponde

Angeli caduti sotto i colpi del politically correct

Alla fine ci sono riusciti. Hanno alzato il tiro a livello massimo e hanno impallinato i nostri angeli preferiti. In nome dell'ipocrisia di questo progresso coatto, verrà sostituita la prova dell'esistenza di Dio in terra, le modelle di Victoria's Secret, con un "collettivo" inclusivo. Perché certe battaglie fondamentali non lasciano quartiere, si combattono ogni giorno, su ogni campo, anche sul campo delle giarrettiere. A quanto pare.

Il colosso di lingerie americano fondato nel 1977 da Roy Raymond e Gaye Raymond, con gentile riferimento alla bacchettona regina Vittoria, ha deciso di piegarsi alle mode del tempo. Mandando in pensione i suoi famosi angeli - tra cui abbiamo annoverato per anni le super top model più incantevoli della terra - per sostituirle con sette signore e signorine (non hanno ancora risposto signori all'appello), più o meno famose per i loro meritati traguardi. Ma si badi bene "non per le loro curve". Sebbene debbano posare e sfilare sempre comunque in mutande e mutandoni (dato che sempre questo vendono), al fine di conformarsi e seguire l'onda alta del cambiamento che il mondo intero - ma soprattutto il mercato - sembra voler imporre. Perché il denaro non dorme mai.

"Dobbiamo smetterla di essere quello che vogliono gli uomini", pare abbia affermato Martin Waters, amministratore delegato di Victoria's Secret (fino a prova contraria anche lui uomo; per cui sarebbe da chiedersi se è un plurale maiestatis, un senso figurato, o una deriva non binaria dell'ultimo momento). Proseguendo in un'intervista rilasciata al New York Times: "Quando il mondo si stava evolvendo, noi siamo stati troppo lenti nel rispondere..", e a cercare - sempre secondo "loro" - una sensazionale svolta nel tentativo di "riconquistare il pubblico femminile", da anni "in calo e in cerca di nuove alternative", all'insegna di un nuovo motto, ossia quello di proporre ciò che "vogliono le donne". E qui mi taccio, perché in vero non possiedo un utero. Ma allo stesso tempo m'intrigo. Perché da uomo giuro vorrei saperlo anche io "What Women Want". Anche se non avendo trovato risposta alla domanda il professor Freud, deduco sia fortemente improbabile la trovi Mr. Waters.

Ecco allora come le grandi speranze per questa lapalissiana operazione di marketing, e non particolarmente richiesta "ridefinizione del sexy", finiscano per essere riposte nei corpo molto normali di Megan Rapinoe, calciatrice trentacinquenne e ovviamente attivista della parità di genere (lo suggerisce il taglio e il tinta scelta per i capelli); Eileen Gu, adolescente sciatrice freestyle cino-americana; Paloma Elsesser, modella quasi trentenne che vanta il primato di essere apparsa su Vogue in una taglia 50; e Priyanka Chopra Jonas, attrice indiana e investitrice nel settore tecnologico.

Certo, sarebbe da domandarsi se questa scelta di rottura non sia un po' figlia della scomoda posizione che aveva assunto il brand nel 2018. Colpevole non solo di non aver coinvolto al momento propizio - secondo i dettami della moda - qualche modella transessuale nel famoso show annuale; ma di aver sentito dichiarare all'allora presidente Ed Razek, in un'intervista rilasciata a Vogue, opinioni negative sul tema. Il contraccolpo nel sindacato modelli (che sa fare molto Zoolander) e nella costellazione dell'attivismo militante - che è sempre sul piede di guerra, e i cui membri sembrano altresì interessanti ad acquistare mutande, corpetti, giarrettiere e quant'altro - fu immediato. Come anche le scuse del signor Razek. Pervenute come copione per necessità di mercato.

Ad ogni modo, e fino a nuovo ordine, niente più Alessandra Ambrosio, o Heidi Klum o Taylor Hill. Niente più "The perfect body” come nella vecchia campagna che potremmo ormai considerare "medievale" del 2014. Ma largo ai collettivi inclusivi per le donne che vogliono le donne. E che forse inizieranno pure a regalarsi l'intimo da sole. Per mettere finalmente termine a quell'imbarazzante e screanzato cliché dell'amante che entra in un negozio e prova a scegliere qualche completito per mettere un pizzico di pepe a una serata speciale. Medioevo.

Sebbene non sia stata detta l'ultima parola, a giudicare dalle premesse la prossima sfilata di Victoria's Secret potrebbe finire per essere una sorta di “cura Ludovico” kubrickiana per il mondo di ieri. Qualcosa da guardare costretti, con le pupille spalancate e buone dosi di collirio, nell'obiettivo di redimerci dalle nostre malefatte passate, osservando "crimini" recenti, come quello della sostituzione degli "angeli".

Anche se a pensare bene, una cosa dovrebbe pur consolarci. Sull'onda lunga di questa moda, l'avvento di una paritaria sostituzione dei modelli super palestrati stile Dolce & Gabbana. Da avvicendarsi con collettivi di pensionati leggermente sovrappeso. Oppure campioni di curling, vincitori di tornei intercontinentali di Bridge, scacchisti, famosi ornitologi. Già me li immagino, mentre si esibiscono in pose plastiche al largo dei faraglioni di Capri, oliati con costumi a mutanda bianco sparato.

Sarebbe tra le altre un'occasione di lavoro per mio papà, che da pensionato si è messo a dieta e punta di arrivare alla taglia 50. Proprio come quella modella apparsa su Vogue, ora selezionata per scalzare gli angeli di Victoria.

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