Sequestrati beni per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro agli imprenditori edili trapanesi Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio (79 e 50 anni), ritenuti dagli investigatori affiliati al "cartello" legato al boss latitante Matteo Messina Denaro, che per un decennio avrebbe condizionato gli appalti pubblici a Trapani. Il sequestro ha riguardato anche società impegnate nel cantiere del porto di Trapani. Per gli inquirenti, nelle commesse venivano usati materiali non conformi, tali da pregiudicare la durata e l'integrità delle opere.
L’operazione, denominata "Corrupti Mores" ha preso il via da un provvedimento emesso dal presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani su proposta del questore Carmine Esposito. Il sequestro ha colpito 142 beni immobili, 37 beni mobili registrati, 36 conti correnti e rapporti bancari, 9 partecipazioni societarie e 6 società, tra cui il cantiere sull area portuale di Trapani.
Secondo gli inquirenti i Morici appartengono a un gruppo di imprenditori utilizzati da Cosa nostra per condizionare ed indirizzare, a partire circa dal 2001 e per circa un decennio, l'assegnazione di importanti appalti pubblici nella città, l’esecuzione delle opere e le relative forniture delle stesse. Gli elementi che hanno portato al sequestro emergerebbero dalle carte del processo per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del senatore trapanese del Pdl Antonio D'Alì, in corso davanti al gup di Palermo.
Il gruppo dei Morici si sarebbe accordato dunque con Cosa nostra per aggiudicarsi la gara di strutturazione del porto tra il 2001 e il 2005 in occasione della preregata della Coppa America "Louis Vuitton act 8 e 9" e, da alcune intercettazioni, emergerebbe, scrivono gli inquirenti, l'esistenza di intese con il boss mafioso Francesco Pace, esponenti politici e altre imprese partecipanti, per favorire i Morici nell'aggiudicazione e utilizzare materiali non conformi, tali da alterare la stabilità dell’opera nel tempo. A proposito, il recente smottamento di un tratto della litoranea nord di Trapani e il danneggiamento dell’arco storico di Porta delle Botteghelle sono, secondo gli investigatori, le conseguenze tangibili della frode nelle pubbliche forniture e degli elementi di pericolosità insiti nelle grandi opere realizzate dalle imprese di Francesco e Vincenzo Morici. Secondo gli inquirenti, infatti, i lavori di riqualificazione della Litoranea Nord, aggiudicati dai due imprenditori sarebbero stati eseguiti in maniera anomala come documentano alcune riprese video terrestri e sottomarine dalla polizia.
Il vertice mafioso, secondo gli investigatori, avrebbe gestito - tramite i Morici e altri imprenditori - i meccanismi di controllo illecito sull'assegnazione dei lavori pubblici e sull'esecuzione del lavori, prevedendo che l' impresa "vincitrice" versasse una percentuale ai funzionari pubblici corrotti ed alla famiglia.
"Ancora una volta siamo costretti a intervenire per chiarire l’assoluta estraneità del senatore D’Alì in merito all’aggiudicazione degli appalti che hanno dato luogo ai sequestri di questa mattina". Lo hanno dichiarato i legali del senatore D’Alì, Stefano Pellegrino e Gino Bosco. "All’epoca dei fatti - proseguono gli avvocati - il senatore D’Alì non era presidente della Provincia, ma la stessa carica era ricoperta dall’onorevole Giulia Adamo. Inoltre, dalle numerose indagini è emerso che nessun intervento è stato fatto dal senatore D’Alì in ordine all’aggiudicazione di quegli appalti.
"Gli stessi componenti della Commissione aggiudicatrice hanno dichiarato di non conoscere il senatore D’Alì e di non aver mai rilevato alcuna possibile interferenza nelle fasi di aggiudicazione della gara da parte dello stesso. Ciò è da diversi anni agli atti e siamo ancora una volta costretti a ribadirlo", concludono, nella nota, i legali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.