Nel faldone dell'inchiesta della Finanza di Palermo sulla presunta organizzazione impregnata a trasportare in Italia dalla Tunisia gruppi di clandestini, tra cui anche possibili jihadisti, compare anche il nome di una donna. Si chiama Simonetta Sodi, 55 anni, moglie (e secondo i pm socia in affari) di Jabranne Ben Cheikh di 28 anni, immigrato tunisino.
La donna, arrestata ieri e ora in carcere, avrebbe avuto un ruolo nel sistema di trasporto migranti a bordo di gommoni "rapidi" utilizzati per attraversare il tratto di mare che separa il Nord Africa dalla Sicilia. Tanto veloci che, secondo quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza, sarebbero riusciti a coprire la distanza in appena 4 ore. Le accuse contro la donna sono pesanti: sarebbe stata lei, secondo quanto ricostruito da Repubblica, a trasportare i 10mila euro necessari all'acquisto di una delle imbarcazioni utilizzate per il traffico illegale di clandestini. Non solo. Simonetta avrebbe anche tenuto i contatti tra i componenti della banda, soprattutto quando il marito finì in carcere a Sollicciano (ottobre 2016) con l'accusa di traffico di droga (condannato a 6 anni di reclusione e 30mila euro di multa). La donna - scrivono gli inquirenti - "risulta aver svolto un ruolo fondamentale nel coadiuvare il marito nella direzione e promozione dell’organizzazione criminale investigata, operando attivamente nelle fasi di acquisto del gommone utilizzato per i traffici illeciti, del trasporto dei contanti utilizzati per la transazione e dell’intestazione del natante e del relativo posto barca, ed occupandosi della gestione dei natanti per conto del marito dopo l’arresto di quest’ultimo”.
Secondo gli investigatori, l'organizzazione di cui la Sodi faceva parte, "costituisce una seria minaccia alla sicurezza nazionale, poiché, in grado di fornire ai suoi utenti un transito marittimo sicuro, occulto e rapido". Insomma, un pericolo per l'incolumità di tutti i cittadini. E c'è da capirlo, visto che secondo le indagini condotte dalla Guardia di Finanza all'interno delle barche "di lusso" sarebbero arrivati nel Belpaese anche possibili terroristi. In una delle intercettazioni, infatti, si sente uno dei viaggiatori cercare conforto da Amine Ben Alaya, componente del gruppo, perché preoccupato "oltre che di essere arrestato dalla polizia tunisina, anche di essere respinto dalle autorità di polizia italiane per ragioni di contrasto al terrorismo di matrice jiahdista". Per questo sui 15 arrestati ora pende l'accusa "associazione per delinquere transnazionale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri". Una organizzazione, secondo chi indaga, ben impostata nella logistica del traffico: "In prossimità delle spiagge e delle calette di approdo - spiegano gli inquirenti - veniva fornito ai clandestini un vero e proprio servizio 'shuttle' fino alle basi logistiche dell'organizzazione". Non a caso - dice la Finanza - il gruppo sarebbe stato in grado di organizzare almeno due traversate alla settimana.
Il costo? Notevole, come notevoli sarebbero stati i guadagni: ogni immigrato pagava infatti non meno circa 2-3.000 euro, facendo schizzare i profitti anche fino a 40mila euro per il gruppo, oltre ai 5mila euro per lo "scafista" e i 3mila per il "navigatore".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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