Riconosciuto e arrestato a distanza di poco più di due settimane dallo sbarco in Italia. È stato questo il destino di uno scafista di origine sudanese fermato dagli uomini della polizia di Trapani. Nella città siciliana il presunto traghettatore di uno dei tanti gommoni salpati dalla Libia a novembre è arrivato il 12 novembre scorso a bordo della nave Open Arms.
La piccola imbarcazione guidata dallo scafista, dopo essere partita alcuni giorni prima dalle coste della Tripolitania con almeno 90 persone a bordo, è stata intercettata dalla nave dell'Ong spagnola. Una volta caricati a bordo i migranti il 10 novembre, 48 ore dopo il Viminale ha dato il via libera per l'approdo a Trapani.
Subito dopo sono iniziate le indagini per individuare i responsabili della traversata. Un'inchiesta non semplice. Lo scafista infatti era riuscito a “mimetizzarsi” tra i migranti soccorsi da Open Arms ed è rimasto assieme a tutti gli altri a bordo della nave battente bandiera spagnola.
Per sbloccare le indagini si sono rivelate decisive le testimonianze degli stessi migranti. Sono stati loro a indicare agli inquirenti colui che ha preso il timone dell'imbarcazione di fortuna salpata dalle coste libiche. Ulteriori approfondimenti hanno poi confermato l'identità dello scafista. Si tratta, in particolare, di un ventunenne originario del Sudan.
L'indiziato aveva comunque già lasciato Trapani ed era stato trasferito in uno dei centri di accoglienza di Bari. È qui infatti che i poliziotti siciliani, coadiuvati dai colleghi locali, lo hanno rintracciato. Una volta confermata la sua identità, il giovane è stato arrestato e tradotto in carcere su ordine del gip del tribunale di Trapani. Per lui l'accusa è di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina aggravato.
La sua nazionalità conferma quanto già emerso negli ultimi mesi circa il ruolo centrale delle organizzazioni sudanesi nel traffico di esseri umani. Il Paese è un crocevia fondamentale per le carovane di profughi risalenti dal corno d'Africa e molti criminali locali collaborano con i trafficanti libici per portare quante più persone in Italia.
I migranti giunti in Sicilia lo scorso 12 novembre sono di diversa nazionalità, soprattutto eritrei, somali e sudanesi. Open Arms dal canto suo ha “rivendicato” sia il salvataggio che la possibilità di rimanere in mare e portare migranti in Italia, nonostante la situazione di grave difficoltà riguardante l'accoglienza dovuta alla perdurante emergenza coronavirus: “Dopo essere partiti dal porto di Barcellona il 4 di novembre con la nostra imbarcazione – si legge nei tweet dell'Ong spagnola lanciati nelle ore dello sbarco – la Open Arms, diretti nel Mediterraneo centrale per la nostra settantottesima missione di ricerca e soccorso insieme ad Emergency, ci siamo trovati a dover operare in un contesto difficile e drammatico”.
Open Arms è tornata in mare a novembre, subito dopo l'archiviazione dell'indagine decretata dal tribunale di Ragusa a carico di alcuni attivisti su un episodio di soccorso in mare che ha visto protagonista l'Ong il 15 marzo 2018.
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