Bologna, no alle benedizioni di Pasqua a scuola. Prof e docenti fanno ricorso al Tar

Il caso a Bologna. Il consiglio d'istituto autorizza le benedizioni di Pasqua in orario extrascolastico. Ma undici professori e sette genitori presentano ricorso al Tar per dire no

Bologna, no alle benedizioni di Pasqua a scuola. Prof e docenti fanno ricorso al Tar

A Bologna è scoppiata una singolare guerra di religione. A muovere la battaglia (legale) contro le benedizioni di Pasqua a scuola sono stati undici insegnanti e sette genitori delle scuole dell’Istituto comprensivo 20 di Bologna, insieme al Comitato "Scuola e Costituzione". Hanno presentato un ricorso al Tar per chiedere di sospendere la delibera, dello scorso 9 febbraio, con cui il Consiglio di istituto autorizza le benedizioni pasquali del personale, dei genitori e degli alunni. Benedizioni che sono state richieste dai parroci a cui le tre scuole dell'Istituto (Carducci, Rolandino e Fortuzzi) fanno riferimento. Dopo le polemiche, il Consiglio, presieduto da Giovanni Prodi (nipote dell’ex presidente del consiglio), aveva deciso per la benedizione in orario extrascolastico e con i bambini accompagnati dai familiari. Ma la mossa non è stata ritenuta sufficiente a cancellare "l'affronto", e qualcuno ha pensato di adire le vie legali.

Tra le motivazioni alla base del ricorso si legge: "Benedizioni e atti di culto di qualunque religione per loro essenza non costituiscono attività didattica o culturale e dunque non sono classificabili tra le attività scolastiche e neppure extrascolastiche". E per il Comitato "non ha importanza che la celebrazione sia non obbligatoria prevista al di fuori dell’orario scolastico perché la partecipazione o meno a un atto di culto dentro i locali della scuola discrimina i componenti della comunità scolastica in merito alla partecipazione ad un’attività da questa deliberata in base alle proprie idee religiose".

"Non comprendiamo perché, come fanno tutte le altre scuole - sottolinea ancora il Comitato - non vengano organizzate le benedizioni pasquali presso le relative parrocchie informando genitori e insegnanti di tale opportunità. Invitiamo in ogni caso il Consiglio di istituto a rivedere autonomamente la propria decisione che è fonte di una palese divisione della comunità scolastica che riteniamo si debba superare".

Molto critica la curia bolognese. Domenica scorsa, con un intervento su Bologna Sette (inserto domenicale di Avvenire), don Raffaele Buono ha scritto che "in uno stato di diritto è certamente legittimo impugnare una decisione che si ritiene ingiusta; è però segno di autentico amore per la democrazia rispettare l’autonomia di una scuola, in particolare quando il suo supremo organo di rappresentanza si esprime con una maggioranza schiacciante". Il Comitato ribatte che il principio di laicità e aconfessionalità dello Stato "comporta la neutralità degli spazi pubblici". Ma evidentemente non tiene conto del fatto che la benedizione non riguarda mura e aule, ma le persone che, in piena libertà - e nel rispetto altrui - chiedono la benedizione, per giunta al di fuori dell'orario scolastico. Difficile, quindi, capire dove stia il problema. Nel ricorso si legge anche che la delibera del Consiglio "non definisce tempi e luoghi nei quali si dovrebbero svolgere le benedizioni". Come se fosse questo a fare la differenza.

Per rincarare la dose Bruno Moretto, segretario del comitato bolognese Scuola e Costituzione, sottolinea che i ricorrenti non comprendono "perché, come fanno tutte le altre scuole, non vengano organizzate le benedizioni pasquali presso le relative parrocchie informando genitori e

insegnanti". La libertà di chi, al di fuori dell'orario delle normali attività scolastiche, intende recitare una preghiera e testimoniare la propria fede evidentemente da qualcuno non è ritenuta meritevole di tutela.

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