Brescia, bagarre su candidato islamico. Su Fb con il kalashnikov

Talat Chaudhry Doga si candida al Consiglio di quartiere. Ma sui social appare con un Ak-47. E la Lega insorge

Talat Chaudhry Doga in una foto su Facebook
Talat Chaudhry Doga in una foto su Facebook

Talat Chaudry Doga è uno dei candidati al Consiglio di quartiere di via Cremona a Brescia. Doga ha origini pachistane e, lo scorso venerdì, ha presentato la sua candidatura nel centro islamico della zona con un programma molto chiaro, riportato dal Giornale di Brescia: "La parità di trattamento in tutti gli uffici pubblici; la possibilità di avere dei mediatori culturali negli ospedali per l'aiuto delle donne; disporre nei quartieri dei campi di gioco; la costruzione dei centri di comunità per riunire persone, raccogliere idee; assistenza alle persone nelle pratiche burocratiche e l'istituzione di un mio ufficio per ascoltare le esigenze delle persone". Nulla di male, quindi. Se non fosse che qualcuno ha mostrato una foto di Doga in cui imbraccia un kalashnikov. Un'arma che, sottolinea il Giornale di Brescia, "ricorda attitudini ben diverse dal clima elettorale dei nostri consigli di quartiere".

Non si sa ancora in che contesto sia stata scattata la foto (anche perché non è più disponibile su Facebook). Fortunatamente ilGiornale.it è riuscito a fare lo screenshot prima che lo scatto sparisse da internet. Ad ogni modo, i carabinieri, ai quali in passato sono state sottoposte immagini simili, fanno sapere che potrebbe anche trattarsi di un rituale tipico dei matrimoni pachistani, dove gli uomini si fanno ritrarre mentre imbracciano i famosi Ak-47.

Paola Vilardi, candidata sindaco del centrodestra alle scorse elezioni, usa parole molto dure: "È inaccettabile che un cittadino che si presenta per un consiglio di quartiere, e che quindi dovrebbe rappresentare la cittadinanza e il volontariato, si mostri con un'immagine simile. Non si sa quello che chiede né quello che dice nel suo volantino. Sono i dati che parlano: la nostra provincia è stata il passaggio di diversi jihadisti. Il Comune inoltre non ha ancora chiuso le moschee abusive e bisogna porsi questo problema. Ad ogni modo, chiederemo che questa persona non venga candidata".

La deputata leghista Simona Bordonali ha rilanciato l'articolo sui social, accompagnandolo da parole molto dure: "Brescia multietnica e multiculturale!!!! Se il consiglio comunale avesse accolto le proposte della Lega, questo “signore”, nuova risorsa del PD non si sarebbe potuto candidare. Chiederemo l’esclusione dalle liste elettorali!!!".

Brescia e il problema islamismo

La foto di Doga ha creato non poca preoccupazione a Brescia. Nel corso degli anni, infatti, questa provincia è stata tra le più coinvolte in casi di jihadismo e radicalismo di stampo islamista. L’area è stata infatti teatro di numerose inchieste tra cui quella nei confronti di Anass el-Abboubi, jihadista di origine marocchina residente a Vobarno, arrestato dalla Digos di Brescia nel 2013 e poi rimesso in libertà dal Tribunale del Riesame; Abboubi aveva fatto perdere le proprie tracce ed era poi fuggito in Siria per arruolarsi nelle file dell’Isis.

Nel giugno del 2017 veniva espulso da Vobarno un conoscente di Abboubi, il 25enne marocchino Zakariae Mohammed Youbi, accusato di propaganda jihadista. Nel suo pc veniva rinvenuto il manuale del jihadista di Anwar Awlaki.

Nel bresciano, precisamente a Chiari, viveva Ismail Imishti, cittadino kosovaro e fratello Samet; i due venivano arrestati nel dicembre 2015 assieme ad altri due soggetti balcanici durante l’operazione “Van Damme”. Secondo quanto emerso dalle indagini il gruppo aveva messo in atto una sistematica propaganda jihadista sui social network e su Facebook in particolare, attraverso la pagina “Me ose, pa tu, Hilafeti eshte rikthy” (Con te o senza di te il califfato è ritornato).

Nel luglio dello stesso anno venivano poi arrestati il tunisino Lasaad Briki (35) e il pakistano Muhammad Waqas (27), accusati di essere gli autori dei messaggi minacciosi a firma Islamic State sullo sfondo di alcuni luoghi-simbolo italiani, a Roma e Milano; i due progettavano attentati proprio nella provincia di Brescia, precisamente alla stazione die treni e alla base militare di Ghedi.

Quattro mesi prima veniva invece espulso Ahmed Riaz, cittadino pakistano di 30 anni accusato di frequenti contatti su social network con estremisti “anti-occidentali” e di aver diffuso video, fotografie e altro materiale di ispirazione jihadista.

Nel novembre 2016 a Brescia veniva invece arrestato e successivamente espulso Gaffur Dibrani, 22enne kosovaro accusato di aver radicalizzato il figlio e di averlo preparato al jihad.

Dibrani, attualmente in Kosovo, è ora oggetto di una richiesta di estradizione in quanto condannato lo scorso 26 ottobre a 2 anni di reclusione per istigazione al terrorismo internazionale.

Lo scorso maggio inoltre un blitz contro appartenenti all’organizzazione terroristica Jabhat al Nusra portava poi ad alcuni arresti anche nel bresciano.

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