Cancellare gli errori con gli orrori

L'ultimo dei suoi errori (e orrori) è stato, a sentire i testimoni in loco, il bombardamento delle acciaierie di Azovstal dove si sono rintanati gli ultimi difensori di Mariupol

Cancellare gli errori con gli orrori

L'ultimo dei suoi errori (e orrori) è stato, a sentire i testimoni in loco, il bombardamento delle acciaierie di Azovstal dove si sono rintanati gli ultimi difensori di Mariupol. Putin non si è fatto problemi della presenza di civili in quei cunicoli e ha dato l'ordine di utilizzare ordigni ad alto potenziale esplosivo. L'altro ieri, invece, ha concesso un'alta onorificenza militare alla brigata sospettata dei crimini a Bucha. Nel frattempo ricompaiono le statue di Lenin nelle cittadine occupate dai russi, mentre spariscono dalla circolazione quei generali della fu Armata Rossa che nutrono dubbi sulla strategia dello Zar. E se tanto mi dà tanto, pure la governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, sempre più pessimista sul futuro dell'economia russa, rischia l'oblio.

Putin sbaglia e rilancia. È vittima dei suoi errori. Era partito con l'idea di eliminare Zelensky: obiettivo fallito. Di occupare mezza Ucraina, quella ad Est del Dnepr: obiettivo fallito. Ha ripiegato sul traguardo più modesto di annettersi la Crimea e di occupare tutto il Donbass, che se magari avesse chiesto all'inizio del conflitto avrebbe pure spuntato. E invece ora, in questo strano gioco al rialzo da pokerista suonato, deve dimostrare che l'esercito russo non è quell'apparato arrugginito e vetusto che si è visto nella prima parte del conflitto. Che l'autorevolezza del Cremlino, quella che gli Stati Uniti grazie a lui hanno l'occasione di demolire, non è venuta meno. Che il suo trono non vacilla. Cioè deve riconquistare ciò che aveva. Ultimo paradosso: lo Zar incuteva timore a Zelensky, mentre ora è l'ex comico, trasformato da Putin in un mezzo Churchill, ad incalzarlo, ad accarezzare il sogno di ricacciare i russi fuori dall'Ucraina. Prima o poi anche nella mente dello Zar dovrà insinuarsi il dubbio: ma ne valeva la pena? Anzi, probabilmente quel dilemma già lo attanaglia. Solo che ormai è schiavo della sua strategia e dei suoi errori. E, come il cane che si morde la coda, non riesce ad invertire la spirale negativa.

La sua filosofia, infatti, lo obbliga ad un gioco spietato: per risalire la china, per tornare ad incutere paura, deve far dimenticare gli errori con gli orrori. Che si moltiplicano. Bombardamenti sempre più spietati. La popolazione civile che diventa sempre più bersaglio di possibili rappresaglie e di deportazioni. Offensive scenografiche che interessano un fronte di battaglia lungo 480 chilometri. Putin per vincere, per tornare ad essere lo Zar, deve dimostrare di essere il più cattivo. Una pessima china. Anche perché cambia il mondo in negativo. Lo riporta a settant'anni fa. Con l'aggravante che questa follia si è innestata sulla coda di una pandemia che ha provocato conseguenze tragiche sul piano sociale ed economico a livello globale. Per cui nulla sarà più come prima. Sarà molto peggio.

E assumendosi questa responsabilità lo Zar, più o meno consapevolmente, si è già prenotato un posto sul banco degli imputati della Storia. Quello non lusinghiero, per usare l'espressione che più ricorre nei discorsi dei leader occidentali, del «criminale di guerra».

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