Sequestro legittimo e prove chiare emerse dai contenuti fin qui presi in esame: sono questi gli elementi principali emersi dal documento con il quale la Cassazione ha motivato il respingimento del ricorso di Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini.
L’inchiesta, portata avanti dalla procura di Milano, è quella relativa al “Russiagate” italiano, ossia i presunti fondi illeciti erogati dalla Russia a favore della Lega. Le indagini, risalenti allo scorso anno, puntano il dito soprattutto contro Savoini, presidente dell’associazione Lombardia – Russia. Tutto è partito da intercettazioni ambientali in cui il principale protagonista dell’inchiesta conversa con alcuni intermediari russi.
Si tratta, in particolare, di registrazioni captate all’interno del teatro Metropol di Mosca e che, secondo gli inquirenti, costituirebbero la “madre” di tutte le prove dell’inchiesta in corso. Dopo il via all’indagine, erano scattati i sequestri di alcuni documenti allo stesso Savoini, il quale ha poi fatto ricorso al tribunale del Riesame di Milano. L’indagato ha sostenuto che la prova su cui si sta basando l’indagine non è legittima, in quanto non si conosce la provenienza del file audio in questione. Da qui la richiesta di sequestro.
Rigettato il ricorso, i legali dell’ex portavoce di Salvini si sono rivolti quindi alla Cassazione, la quale il 17 dicembre scorso ha confermato il sequestro e la legittimità della prova: “Ritiene il Collegio che il contenuto del file audio costituisca una notizia di reato – si legge nelle motivazioni depositate nelle scorse ore dalla Cassazione – La registrazione acquisita dall'inquirente riproduce un accadimento della realtà”.
In poche parole, gli inquirenti starebbero lavorando su una prova legittima in quanto essa riprodurrebbe un atto realmente accaduto e per questo quindi la richiesta di dissequestro dei documenti non può essere accolta: “La registrazione acquisita dall'inquirente riproduce – si legge ancora nella sentenza depositata oggi – un accadimento della realtà e rimanda al contenuto dichiarativo di soggetti precisamente individuati, grazie alle dichiarazioni del giornalista Vergini”.
“Anche in mancanza dell'attuale identificazione dell'autore della registrazione – scrivono i giudici della Cassazione – essa legittima le indagini del pubblico ministero per verificare la portata e la sussistenza della 'notitia criminis' che dal suo contenuto si evince, una volta che siano state positivamente acclarate l'autenticità e l'attendibilità della registrazione stessa”.
Inoltre, sempre secondo “il palazzaccio”, la prova in questione risulta non essere stata manipolata e questo a maggior ragione darebbe credito al lavoro degli inquirenti. Altro passaggio importante nelle motivazioni espresse dalla Cassazione, riguarda il contenuto delle stesse intercettazioni: “La conversazione registrata ha ad oggetto un accordo illecito per la retrocessione di importanti somme di denaro a favore del partito politico Lega e dei funzionari russi – si legge nel documento redatto dalla corte – coinvolti nella trattativa della vendita di prodotti petroliferi. In particolare, in un passaggio della conversazione, si chiariva come fosse già stato raggiunto un accordo i cui termini essenziali erano riportati in uno screenshot di appunti alla cui ricerca e pertanto funzionale il sequestro”.
Poche ore prima della notizia del deposito delle motivazioni della sentenza, sul caso Savoini era tornato proprio lo stesso segretario leghista Matteo Salvini: “Savoini per me è una persona perbene e fino a prova contraria continuerò a ritenerlo una persona perbene – ha dichiarato l’ex ministro dell’interno in una nota – Ho fiducia nelle persone fino a che non mi si dimostra
che hanno commesso errori, e nel caso se ne prende atto”.“Si parla da mesi di intercettazioni, di pedinamenti – ha concluso Salvini – senza che si sia arrivati ad alcunchè. Io ho piena fiducia nella magistratura italiana”.
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