Cerciello, Brugiatelli: "Non sono né pusher né informatore"

Parla l'uomo che la notte del 26 luglio ha denunciato il furto del proprio borsello l 112, facendo scattare l’operazione in cui è morto il carabiniere Mario Cerciello Rega, del quale dice: "Valoroso, gli devo la vita"

Cerciello, Brugiatelli: "Non sono né pusher né informatore"

"Desidero chiarire che non sono un intermediario di pusher né, tanto meno, un informatore delle forze dell'ordine". Lo afferma, attraverso il suo avvocato Sergio Brugiatelli, l'uomo che ha avvisato i carabinieri nella tra il 25 e il 26 luglio per denunciare di aver subito il furto dello zaino da parte dei due americani Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth, accusati dell'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ammazzato brutalmente con undici coltellate.

Nella nota diffusa dal suo legale, chiarisce la sua posiziione: "Se dopo il furto subìto ho chiamato il 112, senza aspettare l'indomani per sporgere denuncia, come mi era stato in un primo momento consigliato dai carabinieri, è stato perché ho avuto paura. Quando ho chiamato il mio numero di cellulare, chi ha risposto non ha solo preteso denaro e droga per riconsegnare le mie cose. Mi hanno minacciato, dicendo che sapevano dove abitavo e sarebbero venuti a cercarmi. Nel borsello rubato, oltre al documento d'identità, c'erano anche le chiavi della casa dove vivo con mio padre, che è molto malato, mia sorella e mio nipote".

Brugiatelli, dunque, conclude spiegando il perché della sua condotta e ricordando il militare caduto in servizio: "Ho avuto paura che potessero far del male a me e soprattutto a loro, e per questo ho chiesto aiuto al 112.

Le stesse minacce che avevano rivolto a me, sono state ripetute poco dopo, quando, con il telefono in viva voce, ho richiamato di fronte ai carabinieri il mio numero di cellulare. Il resto è storia nota, alla quale non voglio aggiungere altro, a parte tutto il mio dolore e rispetto, per la vita di un giovane eroe finita troppo presto".

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