Chi violenta il paesaggio

Non ci sono limiti alla menzogna e all'ipocrisia. Così si sono potuti indire gli «Stati generali del paesaggio» a Roma per un confronto sul futuro delle politiche paesaggiste in Italia. In realtà, per esse, c'è solo un passato. Perché mai il paesaggio fu violato più che in questi anni, proprio dall'ultima conferenza nazionale del 1999, quando l'Italia divenne il territorio di conquista, in un patto invincibile tra Stato e mafia, per multinazionali spesso di incerta ragione sociale, attive nel campo delle energie rinnovabili, in particolare dell'eolico e del fotovoltaico.

E ha un bel dire il cardinal Gianfranco Ravasi, riferendosi al Creatore: «Pose l'uomo nel giardino per coltivarlo e custodirlo»: quel giardino è stato sconvolto, e mai come oggi è stato violato e stuprato. Il ministro Franceschini non ha visto e non ha sentito.

A sua volta il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni ha ignorato l'argomento, volteggiando come la Vispa Teresa. Ed era inutile aspettarsi una parola di condanna. Hanno tutti parlato d'altro, con dottrina e cinismo. Come se non avessero gli occhi, come se i problemi fossero altri. Intimidito, ha taciuto perfino Oreste Rutigliano, che ha combattuto con me, e con pochi amici, tempestose battaglie.

A noi si deve la salvezza del sito di Sepino. Invece di politici e professori, a fingere di parlare di paesaggio, avrebbero dovuto convocare Gian Antonio Stella e Carlo Vulpio, che quella, come molte altre vicende, conoscono bene.

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