Percorrendo l’autostrada A 29, quella che collega Palermo con il trapanese ed inserita negli anni ’70 tra le opere volte a rilanciare il Belìce colpito dal terremoto del 1968, è possibile scorgere vere e proprie distese di pale bianche.
Intere colline verdi in inverno e che in questo periodo iniziano ad apparire con quel principio di aridità che preannuncia l’arrivo dell’estate, hanno nei propri rotondi pendii quelle grandi pale con quelle grandi eliche sorte come fughi negli ultimi anni. La provincia di Trapani è quella dove si contano alcuni dei più importanti parchi eolici non solo della Sicilia, ma dell’intero sud Italia.
Le energie rinnovabili sono da almeno un decennio punto di scontro in seno all’opinione pubblica: da un lato chi parla di necessario sviluppo in senso ecologico, dall’altro chi denuncia un business sospetto in grado di deturpare i paesaggi. E contro il continuo sorgere delle pale eoliche tuona da diversi anni, ad esempio, il critico d’arte Vittorio Sgarbi che questa zona la conosce bene essendo stato sindaco di Salemi, uno dei comuni che si affaccia sulla A 29: “La vera mafia è nell’eolico”, tuona più volte l’attuale deputato quando proprio l’ente da lui amministrato viene sciolto per presunte infiltrazioni mafiose.
L’autostrada A 29 scorre poi lungo tutta la dorsale occidentale del trapanese, unendo dune dei più importanti centri della provincia: Alcamo e Castelvetrano. Quest’ultimo comune è tristemente noto per essere quello di Matteo Messina Denaro, il più importante boss latitante di cosa nostra. Ad Alcamo invece negli anni scorsi opera come elettricista un futuro imprenditore proprio dell’eolico: Vito Nicastri.
Il suo nome in queste ore è al centro della cronaca per via della vicenda che riguarda l’ex parlamentare Paolo Arata, accusato di aver corrotto l’ex sottosegretario ai trasporti Siri in cambio di norme favorevoli all’eolico. Secondo gli inquirenti, Arata sarebbe socio occulto proprio di Vito Nicastri e la circostanza allerta gli uomini della Dia.
Questo perché l’imprenditore di Alcamo avrebbe rapporti con Matteo Messina Denaro, anzi secondo i magistrati è uno tra i più importanti finanziatori della sua latitanza, un anello importante della catena di protezione che nasconde la pluridecennale fuga del boss di Castelvetrano. Accuse pesanti, che coinvolgono in prima persona Nicastri ed il suo impero fondato sull’eolico.
Ma chi è veramente l’imprenditore adesso finito nell’occhio del ciclone? Come detto, le suo origini sono su un versante completamente opposto: fino a non molti anni fa, Nicastri fa l’elettricista nella sua città natia. Poi è artefice di uno di quei miracoli siciliani rapidi tanto ad apparire quanto nel rimanere impigliati nelle sabbie mobili di inchieste e cattive gestioni. Nel giro di poco tempo l’elettricista di Alcamo diventa il “Re dell’eolico”. Un boom che non passa inosservato anche all’estero, tanto che il Financial Times gli dedica un’intera pagina definendolo il “signore del vento”.
Su come e quando Vito Nicastri riesce ad accumulare un patrimonio così ampio ed a far crescere dal nulla o quasi un’azienda in un settore così delicato, in pochi inizialmente se ne curano. Poi però arrivano le prime grande con la giustizia: nel 2013 la Dia gli confisca un patrimonio da un miliardo e 300 milioni di Euro. Arturo De Felice, all’epoca direttore della Dia, spiega così quell’operazione: “È un modo per colpire al cuore l’aria grigia di cosa nostra”.
Per Nicastri nel 2013 si decide per l’obbligo di dimora ad Alcamo, gli affari però secondo gli inquirenti non si sarebbero fermati.
E si arriva anche ai giorni nostri: come detto, Arata sarebbe socio occulto di Nicastri, i due avrebbero fatto affari sull’eolico.Vito Nicastri attualmente è in galera con l’accusa di aver favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro, dovrà adesso spiegare agli inquirenti i vari contatti e difendersi dalle gravi accuse mosse contro di lui.
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