Otto per mille fa rima con fiducia dal basso. Quella che alla Chiesa cattolica non è mai mancata. I dati hanno tuttavia iniziato a raccontare di una contrazione.
La casistica è chiara: c'è una progressiva diminuzione dei dichiaranti che optano per la "donazione" annuale, per usare un termine improprio, alla Chiesa. Capirne le cause, non è un'operazione semplice. Si può per lo più sospettare. Tra chi si interroga sui perché del calo, che ad esempio può essere dovuto pure al clima culturale, e chi invece ritiene che il tutto rientri in una fluttuazione naturale, le istituzioni ecclesiastiche per ora non si sbracciano affatto. Si tratta pur sempre di denaro. E la linea di papa Francesco è chiara: in quel campo, la battaglia è per la trasparenza, non certo per il quantum.
Di dichiarazioni pubbliche, insomma, non ce ne sono state. E a pensarci bene sarebbe strano se il Vaticano si esprimesse su una questione che è per lo più materiale. Comunque sia, interpretando i numeri delle statistiche, può essere presentata una riflessione sul relativismo. Si tratta di uno spauracchio sbandierato da tempo, da Joseph Ratzinger in poi, che certo può influire sull'otto per mille.
Capiamoci, non esiste una bussola precisa per comprendere come stia procedendo l'avanzata del "relativismo" e quanto quell'offensiva svolga un ruolo sulle "donazioni". Ma forse qualche forma di collegamento c'è. Perché più quell' "ismo" procede spediti nel mondo e meno la Chiesa cattolica conta. Questo, almeno, è vero secondo buona parte degli avvertimenti sulla fine o sul ridimensionamento del cattolicesimo.
Un analisi sull'affezione che i fedeli provano nei confronti della Chiesa, quindi della confessione religiosa cristiano-cattolica, può passare pure dalla disamina su coloro che destinano o non destinato quella quota di reddito. Del resto, quando la secolarizzazione monta, un'elargizione favorevole all'Ecclesia può essere percepita in misura differente. E quando l'ex pontefice Benedetto XVI profetizzava su come la Chiesa avrebbe perso "potere", forse si riferiva anche a questioni come questa.
Com'è ovvio, poi, il relativismo non è il solo motivo che inficia sulla flessione. Ma la semplicità con cui anni fa veniva compiuta quella scelta può essere venuta meno, in parte, per quel fenomeno culturale. Veniamo ai numeri ed alla loro freddezza. La statistica, sul lungo periodo, registra una discesa costante: Il Messaggero ha immortalato una contrazione pari a "tre milioni e mezzo" nell'arco di un novennio. Non sono euro, ma "scelte".
Analizzando le cifre pubblicate sul sito del Ministero delle Finanze, ci si può sbizzarrire. Per quel che concerne il 2021, le "scelte espresse valide" sono state 17.223.272, mentre l'anno scorso erano state 17.357.043. Il che potrebbe confondere sull'andazzo generale. Ma poi il sentiero intrapreso si palesa. Perché nel 2019 erano 17.592.274, nel 2018 17.777.621, nel 2017 18.688.601, nel 2016 18.817.796, nel 2015 18.929.936 e così via.
Ricette per risalire la china non se ne leggono. E forse si tratterà soltanto di abituarsi alle nuove medie, che comunque restano alte e non configurano chissà quale dramma. Abbiamo accennato al "clima culturale". Basta riavvolgere il nastro di qualche settimana, per rammentare quanto spazio abbiano avuto le polemiche attorno al Ddl Zan, dopo la nota diplomatica della Segreteria di Stato. Quel "chi ha concordato il Concordato" pronunciato da Fedez può essere la spia di una problematica generazionale.
Quanti, tra le nuove generazioni, percepiranno come normale il rapporto esistente tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica? É un caso - questo un altro quesito - che alcune delle persone (un milione) che hanno smesso di scegliere l'otto per mille - così come segnalato dal quotidiano sopracitato - abbiano
iniziato a preferire lo Stato come destinatario? É una domanda che sembra riguardare più l'avvenire che l'oggi, ma che sta divenendo di stretta attualità. E anche l' avvenire dell'otto per mille può dipendere dalla risposta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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