"Nella comunità per minori sbarre alle finestre e cure causano tremori"

Il padre di un ragazzo ospite della comunità ha sporto denuncia nei confronti della comunità del cuneese. In seguito a un sopralluogo, la struttura è stata chiusa

"Nella comunità per minori sbarre alle finestre e cure causano tremori"

La comunità per minori Dafne, a Rocchetta Belbo, comune in provincia di Cuneo, è stata chiusa in seguito a un sopralluogo effettuato da parte della commissione di vigilanza della Asl. Tutto ha avuto inizio quando il padre di un giovane ospite della struttura, con problemi comportamentali, si è rivolto ai carabinieri di Chivasso per sporgere denuncia. L’uomo era rimasto sconvolto dal modo in cui il figlio era trattenuto all’interno della comunità.

Comunità per minori chiusa dalla Asl

La struttura in questione si chiama Dafne e riporta alla società Sereni Orizzonti di Udine. Ospita al momento nove minorenni, dei quali quattro sono piemontesi. Tra loro anche il ragazzo che da cinque mesi è stato inserito nella struttura su disposizione del giudice. All’interno vi sono infatti sia giovani con disturbi comportamentali, sia minori soggetti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Lo stesso avviene anche in altre comunità per adulti e minorenni. Il padre avrebbe chiesto di poter vedere il proprio figlio e, quando si è trovato davanti il ragazzo, ha avuto difficoltà a riconoscerlo. Sembrava l’ombra di se stesso, con lo sguardo fisso nel vuoto e tremori lungo tutto il corpo. L’uomo ha quindi interpellato i carabinieri, i quali però hanno risposto che non potevano intervenire.

La denuncia di un padre

A quel punto ha deciso di chiamare il responsabile della comunità che ha illustrato al padre la terapia somministrata al figlio, dicendo che aveva difficoltà a dormire. Gli vengono infatti somministrate poche gocce per la notte e sembra su sua richiesta diretta. Il padre non crede però a quanto udito e porta il ragazzo a pranzo con le sorelle e la nonna. Tutti hanno la stessa idea: c’è qualcosa di strano. Il genitore decide allora di registrare dei video, con la volontà di allontanare il più presto possibile il ragazzo dalla comunità. L’uomo richiede anche visite per verificare la salute fisica e mentale del figlio.

La struttura diventa oggetto di una verifica da parte della commissione di vigilanza della Asl. Della quale fanno parte anche medici. In quella occasione vi è anche Chiara Caucino, assessora regionale alle Politiche della Famiglia, dei Bambini e della Casa. Durante il sopralluogo vengono controllati sia i locali che le cartelle cliniche. Terminato il sopralluogo, viene revocata l’autorizzazione all’esercizio dell’attività. La quale ha smentito ogni addebito. La revoca porta al conseguente ricollocamento in altre strutture degli ospiti. Alcuni di questi, soggetti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, non possono infatti essere rimandati a casa.

Secondo quanto reso noto, il provvedimento sarebbe stato deciso a causa dell’assenza di alcuni requisiti strutturali che la comunità avrebbe dovuto provvedere a fare. Come per esempio l’eliminazione di sbarre alle finestre, necessaria in caso di incendio per evacuare le stanze. L’avvocato Alberto Villarboito, legale de la Sereni Orizzonti, ha negato ogni addebito, affermando: “Ci tuteleremo in tutte le sedi, amministrative e giudiziarie”.

Sia verso il padre del ragazzo, che secondo l’avvocato avrebbe fatto “una valutazione non ponderata: le condotte contestate non sono confermate, vengono seguite le terapie e le diagnosi degli assistenti sociali”. Ha inoltre chiesto alla Asl di ripristinare l’autorizzazione anche perché, a causa dell’emergenza Covid, alcuni interventi strutturali non sono stati eseguiti.

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