Il picco e la fine dell'epidemia: ecco cosa dicono queste cifre

Alcuni modelli matematici hanno calcolato il flusso dell'epidemia. Ma tutto dipenderà dal nostro comportamento

Il picco e la fine dell'epidemia: ecco cosa dicono queste cifre

Il coronavirus continua a diffondersi in tutta Italia e mentre il governo adotta misure per cercare di bloccare il contagio, sorgono nuove domande. Quando arriverà il picco? Quando finirà l'emergenza? Nelle ultime settimane stanno circolando numerosi modelli matematici e studi sul virus cinese, ma è difficile fare previsioni sull'epidemia. "I modelli ci sono, li abbiamo, ma per ovvi motivi di non-allarmismo e di serietà non vengono divulgati, visto che sono proiezioni ad uso di chi gestisce l'emergenza e comprendono dati che presentano delle carenze. Non sappiamo quanto siano affidabili perché non possiamo sapere tutto di questo virus, i margini di errore sono molti", ha spiegato al Corriere Paolo Bonanni, professore di Igiene all'Università degli Studi di Firenze.

"Il picco - ha continuato il docente - si calcola sulla base del valore di R con zero, che è il 'tasso di contagiosità' che per questo virus abbiamo visto sta tra 2,5 e 3. Questo vuol dire che mediamente ogni persona ne infetta da 2 a 3 e così si possono fare delle previsioni con modelli matematici più o meno dettagliati su come andrà la curva epidemica con questo tasso di contagio. Questo valore in parte dipende dalle caratteristiche biologiche del virus, ma conta anche il livello di densità della popolazione". Il professore ha così invitato a seguire le indicazioni del governo: "Il distanziamento sociale fa in modo che si riduca il picco in altezza, cioè la diffusione del contagio. Altrettanto importante è però spostare il picco più in là nel tempo, in modo che si dia tempo al sistema sanitario di reagire, di avere posti liberi perché le persone sono nel frattempo guarite". "Questo è un momento cruciale perché il contenimento del virus dipende dal nostro comportamento - ha spiegato il professore -: c’è veramente una responsabilità sociale fortissima, minimizzare significa aumentare le probabilità che muoiano le persone".

Mentre in Italia il numero dei contagi cresce giorno dopo giorno, in Cina la situazione sembra migliorare. Nel Paese epicentro dell'epidemia crollano i casi, le città iniziano a tornare alla normalità e sono stati chiusi gli ospedali da campo allestiti a Wuhan. "L'epidemia non è finita - ha spiegato Bonanni -, sta rallentando e le loro misure hanno consentito di bloccare la diffusione. A volte la coercizione è quello che serve. Ora però il rischio è che quei pochi che ci sono contagino i suscettibili, che sono ancora moltissimi, dato che il virus è nuovo. Le misure vanno mantenute per tempi più lunghi rispetto a quando si vede un calo significativo dei casi". Il professore non ha infatti escluso che tutto potrebbe riniziare da capo "con una reimportazione dei casi da aree del mondo dove l’infezione ha avuto un andamento più ritardato".

Quando si potrà dire che è tutto finito? "Quando non ci sono più casi di una malattia che non è diventata endemica - ha risposto il professore -.

Bisognerà vedere appunto se il coronavirus diventerà endemico, cioè se al di là dell'episodio con il picco più alto la malattia ci sarà sempre colpendo poche persone e magari diventando anche più mite dal punto di vista clinico".

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