Capita di visitare, in compagnia del direttore del Sacrario dei Caduti d’Oltremare, una mostra organizzata per il centenario della traslazione del Milite Ignoto ad Acquaviva delle fonti, in provincia di Bari, da scolaresche di elementari e medie. Ci si imbatte così in un caleidoscopio di bandiere della pace e arcobaleni, di simboli ambigui, di soldati descritti dai bambini come “burattini nelle mani dei potenti” o “marionette pilotate da chi ha potere”. Si fatica, purtroppo, a ritrovare il senso di un centenario smarrito al di là della storia, in un culto della pace che travolge anche i suoi difensori, quelle Forze Armate che celebriamo ogni 4 Novembre, quale presidio della nostra Repubblica.
I bambini assorbono, elaborano le storie che vengono loro narrate. O semplicemente coprono di simboli e colori un vuoto narrativo, una storia che spesso gli adulti non sanno più raccontare. Forse mancano ormai i nonni, quei “combattenti e reduci” che ricordo ancora, da piccolo, celebrare il giorno della Vittoria con una antica bandiera e qualche elmetto Adrian superstite.
Forse manca lo stupore. Anche quello di intellettuali e femministe dinanzi ad un fenomeno unico nel panorama editoriale italiano, forse in quello europeo. Mi riferisco al corale racconto Ignoto Militi (Idrovolante Edizioni, pp.201, euro 18) a cura di Cristina Di Giorgi e Bianca Penna. 17 donne, la più piccola di soli 13 anni, la più grande di 80, narrano la vicenda degli undici ignoti caduti nei principali campi di battaglia della Grande Guerra, le cui salme sostarono nella Basilica di Aquileia nell’ottobre del 1921 in attesa che la mamma di un soldato disperso, Maria Bergamas, scegliesse quale di quei resti mortali avrebbe rappresentato per la Nazione tutti i caduti sull’Altare della Patria.
Sono racconti, quelli di Ignoto Militi, nei quali la narrazione si unisce alla storia, puntellati da attente bibliografie e precisi richiami storici. Ma soprattutto potenti affreschi di cuori femminili contemporanei, fatti di coraggio, valori, e una immediata capacità evocativa. C’è un modo nuovo di commemorare il centenario del Milite Ignoto in questa pubblicazione niente affatto retorica, una ventata di freschezza e passione. Forse perché, per citare il racconto dedicato all’ignoto di Castagnevizza del Carso, della Penna: “il vento assomiglia a una donna che sussurra da lontano. Forse una di quelle che stanno a casa e si chiedono cosa ne sarà di loro, dei loro uomini, delle loro famiglie, e fanno scendere lacrime calde dai loro occhi incantati mentre cuciono sapientemente bandiere verdi bianche e rosse pungendosi le mani con gli aghi. Quelle bandiere saranno stese sulle bare, sono fatte di amore e di sangue”.
Si può dunque raccontare una storia che unì, e continua ad unire l’Italia, rifuggendo dalle strumentalizzazioni, dalla volontà di riempire con concetti moderni, ideologie sospese, falsi storici, un racconto che ci viene ancora tramandato da chi la guerra l’ha vissuta negli occhi dei propri padri, dei propri nonni. O dei propri zii, come nel racconto di Caterina Rovere (classe 1941) e delle sue due figlie, dedicato allo zio Matteo che perse la vista sul Grappa perché sprovvisto di maschera antigas durante un attacco chimico degli austriaci.
Resta però quel profondo senso di inadeguatezza di tanti genitori (ed insegnanti) nel raccontare ai nostri figli una storia che ci sembra alle volte troppo lontana, anche se continua a vivere in luoghi che conosciamo bene, come il Vittoriano. E qui ci offre qualche risposta l’ultimo racconto, il dialogo fra una madre e una tredicenne dal titolo Mamma, cos’è la Patria? di Giorgia Clementi. Giorgia sa che “non si risponde mai alle domande di un’adolescente di getto. Quel che noi adulti diciamo loro quando ci chiedono qualcosa resta scolpito nella loro mente come una verità assoluta. Quindi bisogna pensare molto bene a come dare seguito ai loro quesiti”. E alla domanda della figlia risponde: “La Patria, figlia mia, è la signora Maria! Andiamo a trovare suo figlio e capirai…”.
Quel figlio è il Milite Ignoto e forse non c’è modo più spontaneo, affettuoso e deciso di ricordarlo che andando a trovarlo ogni tanto, a Roma come in ogni
paese d’Italia, dove un cannone o un obice sono al fianco di lapidi coi nomi scritti fitti e in piccolo. Nomi non di burattini, ma di eroi. Che difesero la Patria, non un vago, petaloso, ideale di fratellanza ed inclusione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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