"Così mi sono ripreso il box che un immigrato aveva occupato"

La prima volta che ci aveva provato era stato picchiato e minacciato. Ora Marco De Vita ce l'ha fatta. Invita gli italiani a fare come lui e rivolge un appello al parlamento

Marco De Vita e le forze dell'ordine a Castello d'Agogna
Marco De Vita e le forze dell'ordine a Castello d'Agogna

Gli avevano occupato il box e quando ha provato a riprenderselo lo hanno picchiato e minacciato con un coltello (leggi l'articolo). Dopo aver sporto regolare denuncia e atteso alcuni giorni, ha capito che la situazione non si sarebbe risolta in tempi brevi. Sarebbero passati mesi, nella migliore delle ipotesi. Anni, secondo le statistiche dei tempi della giustizia. Così il 39enne Marco De Vita ha pensato di risolvere il problema a modo suo.

Spalleggiato da un gruppo di amici (tra cui alcuni militanti di Forza Nuova) è tornato alla palazzina di Castello d'Agogna (Pavia), ma le Forze dell'ordine, racconta, gli hanno impedito di avvicinarsi al box insieme ad altre persone. Volevano evitare possibili disordini, visto che il sit-in di protesta, autorizzato fino alle 22.30, è iniziato tardi e sarebbe finito oltre l'orario prestabilito.

"Così, dopo alcune resistenze, all'inizio non volevano far passare neanche, mi sono recato da solo alla palazzina e, sempre da solo, ho lanciato fuori dal mio box la roba che non era mia". De Vita ha documentato la "liberazione del box" con alcuni video che ha realizzato con il cellulare. Dopo aver spostato nel cortile tutti gli oggetti che si trovavano all'interno del box (sedie, tavoli, vetri rotti e altre cose) si è tolto un'altra soddisfazione. Aiutato da un fabbro (un militante di Forza nuova che si è offerto di eseguire il lavoro gratuitamente) ha installato un robusto cancello di metallo. E poco dopo, non contento, ha pubblicato tutti i video sulla sua pagina Facebook, chiedendo agli amici di condividerli. La sua, infatti, non vuole essere una protesta isolata e neanche un'azione da kamikaze. Spera che il suo esempio venga seguito e non solo. Auspica anche un intervento delle istituzioni a favore della legalità.

A chi lo accusa di razzismo risponde: "Avrei fatto la stessa cosa se ad occupare il box fosse stato un italiano". Non ce l'ha con gli immigrati e non gli interessano nazionalità o religione delle persone. Chiede solo che gli immigrati, così come gli italiani, rispettino le leggi e se non lo fanno vengano sanzionati. Poi va avanti e si rivolge ai politici: "Spero che la mia azione possa spingere il parlamento ad approvare una legge che metta in condizione le Forze dell'Ordine, una volta accertata l'occupazione abusiva di una proprietà, di intervenire immediatamente per ripristinare la legalità, senza costringere il proprietario a dover innescare una procedura legale, costosa e lunga, per arrivare al risultato.

Se ci fosse stata questa legge - sottolinea - quando ho denunciato il fatto con in mano il titolo di proprietà del box, i carabinieri avrebbero potuto e dovuto liberarlo immediatamente e darmi le chiavi nuove, addebitando l'azione di sgombero, e il reato, a chi mi aveva occupato il box". Ma così non è stato. E De Vita è stato costretto a un'azione borderline per far rispettare il proprio diritto. Rischiando (e spendendo soldi) in prima persona.

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