Crisanti smonta le fasce di Conte "Quell'indicatore non è valido"

Secondo il professore non sarebbe corretto basarsi sulla percentuale dei letti occupati in rianimazione per valutare la situazione di una Regione

Crisanti smonta le fasce di Conte "Quell'indicatore non è valido"

Andrea Crisanti, docente di microbiologia presso l’Università di Padova, sembra bocciare i parametri utilizzati dal governo per valutare la situazione di una Regione. In particolare, il professore si scaglia contro l’indicatore che si basa sulla percentuale dei letti occupati nei reparti di rianimazione. Il sistema in questione è stato definito da Crisanti come distorsivo, dato che le regioni che hanno più letti, come spiegato dall’esperto, permetterebbero al virus di correre di più. Crisanti ha spiegato il suo punto di vista durante un’audizione in Commissione Igiene e Sanità del Senato sul ricorso ai test e al tracciamento per il contenimento della pandemia di Covid-19 che sta vivendo l’Italia.

Crisanti: "Indicatore non valido"

"Gli indicatori più validi dovrebbero essere quelli che tengono in considerazione la densità di popolazione e la percentuale di positivi. Utilizzare metriche basate sui posti o la riserva di posti in terapia intensiva non dà una misura esatta di quello che succede sul campo ed introduce elementi distorsivi”. Il docente ha infatti precisato che, dato che il nostro è un Paese unico, non si può pensare che una regione che si comporti in un certo modo non abbia poi ripercussioni anche su tutte le altre, a livello nazionale. Questo parametro potrebbe andare così a penalizzare una regione più brava nel contenere la diffusione del virus, rispetto a un’altra che è meno efficace ma ha più letti a disposizione.

Intanto, otto regioni sarebbero a rischio per la disponibilità dei posti letto in terapia intensiva.

Come evitare una terza ondata

Crisanti ha anche affrontato il tema su come evitare il rischio di una terza ondata, che a suo parere andrebbe affrontato utilizzando un sistema di sorveglianza basato su tre elementi. Quali: “La capacità di fare un numero di tamponi sufficiente, l’integrazione di strumenti informatici come l’app Immuni, i dati relativi alla distribuzione dei casi Regione per Regione e i parametri demografici, in modo da prevedere cosa accade dopo e anticipare il virus, e una logistica per rendere accessibili i test laddove sono necessarie”.

Non è la prima volta che il docente non è in accordo con quanto deciso da Palazzo Chigi. Solo ieri aveva confessato di non aver capito nulla del nuovo Dpcm e di temere che le Regioni possano truccare i numeri a loro favore, incoraggiate da indicazioni poco chiare che arrivano da chi ci governa.

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