La tendopoli abusiva allestita in via Cupa viene sgomberata, per l’ultima volta, più di un mese fa. È la mattina del 30 settembre quando le forze dell’ordine, senza effetto sorpresa, irrompono tra le tende. Ad attenderli ci sono novantotto migranti “transitanti” già ben istruiti sulla procedura: si mettono in fila in maniera ordinata, aspettano d’esser caricati sui pullman e condotti in Questura, in via Teofilo Patini, per esser identificati e rimessi di nuovo in strada. Non è la prima volta che accade e non sarà nemmeno l’ultima. Da quel giorno, infatti, anche se via Cupa – dopo un robusto intervento di bonifica dell’area – viene riconsegnata ai suoi residenti, inizia un’odissea infinita di insediamenti abusivi che, passando per il parcheggio dei pullman adiacente alla stazione Tiburtina e per l’esterno della Basilica di San Lorenzo, oggi arriva anche in Piazzale Spadolini, a pochi metri dall’uscita della tangenziale in direzione Pietralata (guarda il video).
La vita nel campo
Il versante est della stazione Tiburtina di Roma, inaugurata nel 2011 alla presenza dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è poco frequentato. Il via vai di turisti e pendolari è sensibilmente ridotto in questa zona rimasta all’ombra della rinnovata stazione della Capitale. Lungo la strada asfaltata che conduce all’ingresso principale l’erba a perdita d’occhio è interrotta solo dal passaggio di qualche manciata di migranti, tutti provenienti dal Corno d’Africa, Etiopia ed Eritrea, tutti a passeggio senza meta. Nel piazzale antistante la fermata dell’autobus, alcuni di loro giocano a pallone. Altri sono accovacciati sotto le pensiline, mani in tasca e cappuccio alzato, cercando di ripararsi dal freddo pungente del pomeriggio inoltrato. Più tardi Myriam El Menyar, una delle duecento volontarie della “Baobab Experience” che – a turno – presidiano il nuovo insediamento, ci indicherà proprio quelle pensiline come “l’angolo notte”. Lì sotto spiccano delle grosse buste piene di coperte e sacchi a pelo ed alcune tende, rigorosamente chiuse durante il giorno, per evitare un nuovo sgombero. Più su, una piccola rampa conduce al “reparto cucina”. Scope, sacchi neri, cassette di frutta, nonostante qualche pezzo di pane sbocconcellato, lo spazio appare abbastanza ordinato finché non ci s’imbatte nella vistosa distesa di indumenti e coperte, appesi come arazzi a ribadire una presenza che, per forza di cose, non passa comunque inosservata. Neanche in questo angolo buio della luccicante stazione ferroviaria di Roma.
La storia, infinita, di via Cupa
Tra quelli che hanno subito notato la folla dei circa centocinquanta migranti “transitanti” c’è Fabrizio Montanini, presidente del “Comitato Beltramelli-Meda-Portonaccio”, ospite fisso dei talk televisivi che danno spazio agli interventi dei cittadini. Montanini è l’animatore di un gruppo di residenti che, sin dall’epoca dell’ex Baobab, si sono sempre battuti al grido di “sicurezza, legalità e controlli” e che, adesso, si sentono presi in giro. Proprio così, Montanini ed i suoi sostenitori si sono resi ben presto conto che lo sgombero di via Cupa, tra le prime questioni spinose con cui impattò l’allora neo sindaco Virginia Raggi, è stata solo l’ennesima vittoria di Pirro. La “storia” di via Cupa, con gli appelli dei residenti che lamentano “degrado e condizioni disumane”, diventa l’emblema di un territorio assediato da criticità e disagio sociale. Dopo mesi di proteste, sottolinea Montanini, oggi non è cambiato nulla. “Li ritroviamo qui tutto il giorno, a bivaccare, a giocare a pallone, a non far nulla”, “troviamogli una sistemazione definitiva”, incalza il portavoce che punta il dito contro la Raggi perché, “da quando c’è lei la situazione è peggiorata, in tutta la zona della stazione Tiburtina è un fiorire di accampamenti abusivi e le politiche migratorie sono fuori controllo”.
Lo sfogo degli attivisti
A sfogarsi non sono solo comitati e cittadini. Vittime di un limbo senza via di uscita sarebbero anche gli attivisti della “Baobab Experience” – l’associazione che si occupa di accogliere i “transitanti” in arrivo a Tiburtina – che lanciano un appello: “non sappiamo più dove mettere i migranti”. La versione fornita dai cooperanti è molto simile a quella dei residenti: “dopo lo sgombero di via Cupa i migranti non sono stati ricollocati come promesso”, spiegano dall’associazione e, da mesi, sono costretti a dormire all’addiaccio tartassati dalle continue operazioni di ordine pubblico. “La polizia – spiegano dal Baobab – ad ogni sgombero carica i migranti sul pullman, li porta alla Questura di via Teofilo Patini, li identifica e li lascia a noi dicendo di rivolgerci ai nostri referenti politici ma, da quando si è insediata la Raggi, dal Campidoglio, non arriva nessun segnale”. Laura Baldassarre, l’assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale, adesso, “non risponde più alle nostre richieste, non abbiamo più un interlocutore”.
Un traguardo incerto
Sono passati ormai quattro mesi da quando Virginia Raggi ha varcato la soglia dell’Aula Giulio Cesare con addosso la fascia tricolore. “La prima donna sindaco della città”, come lei stessa dirà di sé, quel giorno annuncia l’inizio di una nuova era. Ma, oltre i proclami, sulla sua scrivania ci sono questioni urgenti: il destino dell’ex centro Baobab di via Cupa è una di queste. Tanto che la Raggi, al termine dell’incontro con Laura Baldassarre ed il prefetto di Roma Paola Basilone, promette pubblicamente che troverà una soluzione “entro la prossima settimana”. Il resto è storia. “Questa settimana sono previsti gli ultimi sopralluoghi nelle aree per la realizzazione di un hub e di una struttura che accolga i migranti che transitano a Roma”. Questo è quanto ha dichiarato sul suo profilo Facebook, lunedì scorso, la Baldassarre che – dopo un lungo silenzio – sembra tornare ad occuparsi della questione. Allo scopo è stata individuata una palazzina di proprietà della Città Metropolitana. L’immobile si trova in piazza Bologna e, proprio in virtù della sua prossimità alla stazione Tiburtina, sarebbe in lizza per ospitare i circa centocinquanta “transitanti” che in questi giorni si sono riversati nel retro della stazione ferroviaria.
Ombre sull’emergenza
Lo scorso 14 settembre, con un post pubblicato su Facebook, l’associazione di via Cupa 5 rompe con il Comune di Roma accusandolo di aver “alzato bandiera bianca”. Ma sulla reale origine dell’emergenza migranti nel quadrante tiburtino, spina nel fianco dell’amministrazione targata 5 Stelle, pesa qualche ombra. Lorenzo Mancuso, fondatore del “Comitato Cittadini Stazione di Tiburtina”, dopo aver consultato alcuni documenti, ha scoperto – come rende noto un comunicato diffuso dalla Questura di Roma lo scorso luglio – che all’epoca “tutti gli stranieri (del Baobab, ndr) controllati sono risultati già fotosegnalati all’atto dello sbarco sul territorio nazionale e indirizzati in vari centri di accoglienza in altre regioni italiane dalle quali si sono volontariamente allontanati”. Queste persone, quindi, contrariamente a quello che raccontano i volontari risulterebbero già assegnate a strutture ricettizie. Sembra avvalorare l’ipotesi della montatura anche la risposta fornita dal ministro dell’Interno Angelino Alfano ad un’interrogazione parlamentare. Nel documento si legge che “sia le modalità di arrivo degli stranieri, che i contenuti emersi durante i colloqui intercorsi fra il personale di polizia ed i volontari presenti, fanno ritenere che la situazione di concentrazione delle persone abbia avuto lo scopo di ottenere in via emergenziale un assenso all’utilizzo del vicino ex stabilimento ittiogenico di proprietà della Regione Lazio”.
L’immobile in questione, a due passi dalla stazione Tiburtina, era già stato occupato, ad aprile scorso, dagli attivisti della Baobab – spalleggiati da alcuni esponenti di Sel – allo scopo di farne un punto di prima accoglienza per i migranti in transito a Roma.GUARDA IL REPORTAGE
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