Una commissione parlamentare d'inchiesta sulle deviazioni della magistratura partendo da tutto quanto l'ex giudice del Csm Luca Palamara ha testimoniato nella sua intervista ad Alessandro Sallusti ci sembra l'occasione unica da cui può ripartire la democrazia italiana, soffocata dal «Sistema» descritto da Palamara, secondo cui un gruppo di magistrati da decenni ha abusivamente preso il comando del Paese, sottomettendone le istituzioni, il libero corso della politica, l'economia e infine l'informazione, che ha coperto gli abusi di quei giudici. Siamo consapevoli che l'attuale Parlamento non ha la forza né la capacità tecnica di sostenere e votare una legge che istituisca una commissione d'inchiesta. Ci vorrà tempo, ma bisogna cominciare subito per fare comprendere al Paese che, se la democrazia non troverà la forza di liberarsi del cappio che l'ha tenuta prigioniera per i decenni che vanno da Tangentopoli ad oggi, non ci sarà un altro modo di ripartire. È già successo con la scoperta delle macchinazioni di Licio Gelli e della P2, che erano solo un corpo estraneo alle istituzioni e non una parte delle istituzioni stesse.
La democrazia parlamentare italiana non è stata mai davvero l'oggetto del desiderio degli italiani e non tenteremo in questo breve spazio di ripercorrere la storia di questo amore senza passione e spesso infedele. Limitiamoci a dire che, diversamente da quanto è successo in Inghilterra, Stati Uniti, Francia, persino bella Germania sconfitta, in Italia la democrazia è stata per lo più una finzione burocratica con momenti di entusiasmo per alcuni partiti e leader. Un giovane filosofo inglese ha detto che soltanto i popoli di lingua inglese sono gelosi della loro democrazia perché sentono di averla costruita come difesa dagli abusi del potere, mentre i popoli europei ne hanno copiato la forma senza appropriarsi della sostanza. Se la democrazia tornasse ad essere l'arma di difesa dei cittadini contro gli abusi del potere il suo sistema nervoso centrale reagirebbe immediatamente e con tutta la sua potenza per estirpare un «Sistema» come quello che Palamara è stato costretto a svelare, confermare e testimoniare. Si tratta di un vecchio cancro che si è radicato dai tempi in cui la democrazia era bloccata dalla Guerra fredda e il Parlamento esprimeva i partiti schierati sui due fronti del conflitto internazionale. Finito quel conflitto le forze di quel sistema si sono dedicate a impedire sia pure l'ipotesi di quella rivoluzione liberale che Silvio Berlusconi cercò di mettere in campo per sbarrare la strada al Partito comunista e alla gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto. Da allora non c'è stato più modo di dare ossigeno alla crescita in senso liberale della politica perché - come sapevamo e come Palamara conferma nero su bianco - la politica è stata piegata, ricattata, subordinata, tenuta sotto sorveglianza e minacciata da un gruppo di potere che ha fatto dell'Italia quel che gli è parso, sempre sotto lo sguardo benevolo e, anzi, innamorato di quella stampa di cui i veri direttori sono alcuni cronisti giudiziari nella manica di quei magistrati da cui ricevono gli input, poi trasferiti alle testate d'appartenenza che si contendono non le notizie ma i cronisti ammanicati con il clan. Questa situazione arcinota mostra e dimostra come la corruzione dell'informazione abbia piegato il corso della politica. Bisognerebbe per prima cosa che gli italiani fossero messi nella condizione di sapere quel che è accaduto e sulla necessità di liberare le istituzioni da un corpo estraneo e nemico della democrazia e dell'esercizio della libertà. Lo strumento di una commissione parlamentare d'inchiesta sarebbe il più idoneo allo scopo.
Non si tratta di compiere una vendetta contro dei magistrati infedeli, ma di ripristinare semplicemente le condizioni che permettano alla democrazia finora mancata di diventare davvero il cuore pulsante di un Paese avvitato in una crisi senza speranza. La speranza è oggi, basta saperla cogliere e alimentarla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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