La pubblicità è l'anima del commercio, si diceva una volta, e il principio si applica anche alla morte, per quanto assistita. Non sorprende che, dopo il tragico caso di Noa, la clinica olandese che si occupa di suicidio assistito sia stata sommersa da richieste provenienti da tutto il mondo: anche se con quella morte non aveva a che fare, per il solo fatto di essere stata citata. È la conferma che molti desiderano farla finita. Malati terminali cui resta soltanto dolore senza speranza, oppure depressi e infelici, rovinati o giovani disillusi, quando si accorgono che la vita è altra cosa da quello che credevano.
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il suicidio rappresenta l'1,4 per cento dei decessi, è la diciassettesima causa di morte, e la seconda per i giovani fra i 15 e il 29 anni. Ogni anno si uccidono circa 800mila individui, uno ogni 40 secondi. Per ogni suicidio riuscito almeno 20 falliscono, segno forse di una scarsa determinazione, ma anche un calcolo certo: ogni due secondi qualcuno si accosta volontariamente alla morte.
È vero, numeri e percentuali ci dicono che al momento il fenomeno è in calo quasi ovunque, da meno di 13 casi ogni 100mila abitanti nel 2000 a 10,6 nel 2016, con un calo ancora maggiore in Europa, da 21,8 a 15,4 per cento. In Italia siamo a poco più della metà, 8,2 casi ogni 100mila abitanti, ma non è con le statistiche che ci si consola: un'afflizione fatale è ovunque attorno a noi, e c'è da credere che il numero delle morti volontarie aumenterebbe, se suicidarsi fosse facile.
La poetessa americana Dorothy Parker, morta con semplicità per un infarto a 74 anni, scrisse: «I rasoi fanno male; i fiumi sono freddi; l'acido macchia; i farmaci danno i crampi. Le pistole sono illegali; i cappi cedono; il gas fa schifo. Tanto vale vivere...». Vi si aggiunga l'orrore che si prospetta alla mente di un suicida solitario e clandestino: chi troverà il suo corpo? Quando? In quali condizioni?
Un aumento delle «cliniche della morte», legali e a basso costo, provocherebbe dunque, forse, un aumento dei suicidi. Dico forse perché - probabilmente - invece, li limiterebbe, perché non si potrebbe andare in una di quelle cliniche come si va dal salumiere: «Mi dia una buona morte, bella veloce, mi raccomando». Forse può accadere in Svizzera, dove tutto è stato monetizzato e basta pagare 10mila euro. Ma la clinica olandese è l'esempio della civile applicazione di una civilissima legge. Non si lucra sul dolore disperante, prima si verifica se davvero ci sono la condizione e la convenzione.
Chi si vuole uccidere è malato di sofferenza, fisica o mentale. Non lo si dovrebbe lasciare solo, o lo si aiuta a vivere o lo si aiuta a morire. Così, almeno, dovrebbe fare un bravo Stato con i suoi cittadini.
@GBGuerri
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.