Entro 2050, il Mediterraneo aumenterà fino a 20 cm

I ricercatori: "a rischio l'ambiente, le infrastrutture e le attività umane". E mettono in guardia le istituzioni

Entro 2050, il Mediterraneo aumenterà fino a 20 cm

Il livello del mar Mediterraneo aumenterà. È uno degli effetti del cambiamento climatico, che porterà le acque ad aumentare sempre di più, sommergendo ampi tratti di costa e mettendo a rischio l'ambiente e le attività umane. Non solo. Perché saranno più frequenti e intensi maremoti, inondazioni e mareggiate.

In uno studio, effettuato dai ricercatori dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), in collaborazione con la Radboud University olandere e la Sorbonne Université parigina, è stato osservato come potrebbe aumentare il livello del mare nel 2050 e nel 2100. Sulla base dei dati di nove stazioni mareografiche poste nel Mediterraneo centro-settentrionale, che misurano il livello dell'acqua dal 1888, gli scienziati hanno delineato due possibili scenari, uno più positivo, l'altro più catastrofico. Nel primo caso, "si potrà verificare entro il 2050 un aumento massimo del livello medio del mare di circa 20 cm mentre nel 2100 si potranno raggiungere i 57 cm circa", mentre nel secondo "si potrà avere nel 2050 un aumento di 17 cm e nel 2100 di 34 cm".

Nel delineare queste due possibilità, i ricercatori hanno tenuto conto anche degli effetti della subsidenza, cioò il movimento del suolo che, per cause naturali, lo fa scivolare verso il basso. Proprio a causa di questo fenomeno, lo scenario appare ancora più drammatico nella laguna di Venezia, dove la stima per il 2100 raggiunge un aumento del livello del mare tra i 60 e gli 82 centimetri. Qui, infatti, "la subsidenza accelera l'effetto dell'aumento del livello marino", ha precisato all'AdnKronos Antonio Vecchio, autore dello studio.

Le analisi mostrano che gli effetti locali hanno un ruolo rilevante: "Lungo le coste basse e subsidenti gli aumenti attesi sono in grado di causare una ingressione marina più rapida, cioè il mare tende a sommergere tratti più o meno ampi di costa in maniera più veloce rispetto alle zone non subsidenti", ha spiegato Marco Anzidei, coautore dello studio e ricercatore dell'Ingv.

Tutto ciò "rappresenta un fattore di rischio per l'ambiente, per le infrastrutture e per le attività umane, come l'erosione e l'aumento dei rischi legati ad inondazioni, mareggiate e maremoti, con le conseguenti perdite

economiche"-avvertono gli studiosi- "Le istituzioni, a tutti i livelli di governance, devono tenere conto di queste proiezioni perché sono fondamentali per affrontare in modo più consapevole la gestione delle nostre coste".

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