La diffusione del Coronavirus negli ultimi giorni è diventata un fenomeno mondiale, le misure messe in campo stanno sconvolgendo gli stili di vita e le abitudini dei cittadini italiani ed europei, con gravi ripercussioni sull'economia reale. Moltissime imprese, soprattutto piccole e medie, in tutta l'Ue stanno andando in sofferenza per mancanza di approvvigionamenti di materie prime, riduzione dell'offerta di lavoro e calo della produttività. La chiusura temporanea di aziende, negozi, scuole e servizi pubblici sta già lasciando serie ferite sulla nostra economia, soprattutto nei settori più esposti (turismo, ristorazione, cinema e teatri, eventi sportivi, servizi, commercio, trasporti).
Le Borse europee hanno già bruciato oltre 350 miliardi di euro. Le stime parziali sull'impatto del Coronavirus sul nostro Paese parlano di una perdita di Pil fra 1 e 3 punti percentuali: da 9 a 27 miliardi di euro. Di fronte a questa crisi, l'Unione europea deve agire tempestivamente, dando segnali chiari agli operatori economici. Per fronteggiare lo stato di emergenza in cui viviamo, sono necessarie misure straordinarie. Le regole europee come il Patto di Stabilità e Crescita, il Fiscal Compact, il Two-pack e il Six-pack sono state pensate per stabilizzare i conti pubblici in tempi di ciclo economico normale: questo pacchetto di misure va ripensato da subito.
Per questo, ho proposto di sospendere temporaneamente queste regole per dare ai Paesi che, come il nostro, non hanno spazi di politica economica e di bilancio, la possibilità di agire senza essere sottoposti a sanzioni per aver peggiorato le condizioni di deficit e debito.
È una eventualità, peraltro, già prevista dal Patto di Stabilità e Crescita. Ma questo non basta se vogliamo sostenere davvero le nostre aziende e difendere le famiglie e i posti di lavoro. Per questo, ho proposto una serie di misure che la Banca centrale europea può mettere in atto, già a partire dalla riunione del Board il prossimo 12 marzo.
Sono necessarie misure coraggiose, a partire da un nuovo taglio dei tassi di deposito, che ho proposto di portare a -0,6% dall'attuale 0,5%. È anche opportuno pensare a uno speciale strumento di rifinanziamento sullo schema del Tltro (Targeted longer-term refinancing operation). In sostanza, si tratta di un intervento finanziario con cui la Bce concede un prestito alle banche che ne fanno richiesta. Questo piano di rifinanziamento a lungo termine è già riuscito, in passato, ad evitare una crisi bancaria di dimensioni enormi.
Questa misura va implementata, sul lato della Vigilanza bancaria, con la riduzione della pressione sulle banche per una veloce diminuzione dei crediti deteriorati (Npl Non performing loans). Se consideriamo l'esposizione degli istituti di credito verso le piccole e medie imprese, è cruciale fornire liquidità alle banche. Dobbiamo garantire continuità di credito alle imprese. Se le Pmi non riescono a far fronte ai rimborsi, questo credito non può essere considerato come incagliato o inesigibile. Il blocco dei rimborsi si rende necessario per dare ossigeno alle imprese. Allo stesso tempo, dobbiamo evitare che le banche siano penalizzate.
Per questo, la Commissione deve agire sulle attuali regole europee in materia di erogazione del credito: le regole che disciplinano il trattamento dei cosiddetti crediti deteriorati vanno momentaneamente sospese. È del tutto evidente che con la crisi e le difficoltà delle imprese a rimborsare i crediti, questi saranno destinati ad aumentare. Se la Vigilanza Bce usasse la «mano pesante» nella gestione degli Npl, le banche dovrebbero ridurre i prestiti alle imprese (specie Pmi) e sarebbero costrette a ricapitalizzarsi.
Va anche rivista la tempistica degli accantonamenti automatici a fronte dei crediti deteriorati.
In questa direzione va anche l'Abi, che nell'ultima riunione del Comitato di presidenza ha deciso di allungare la scadenza dei finanziamenti per le micro, piccole e medie imprese operanti in Italia che, al momento della richiesta, non presentano posizioni debitorie nei confronti della banca classificate come deteriorate.
Ci sono poi altre due misure che possono fare la differenza e aiutare a fronteggiare l'emergenza.
Penso al Quantitative easing. Nel 2016, gli acquisti di titoli di Stato procedevano al ritmo di 80 miliardi al mese. Oggi siamo a circa 20. Ricalibrare questi acquisti fino ad almeno 60 miliardi di euro al mese è una misura che aiuterà a fronteggiare l'emergenza. Oltre alla Bce, va ripensato il ruolo della Banca europea degli investimenti in situazioni di emergenza. Un aumento degli acquisti di titoli della Bei può essere uno strumento chiave per finanziare investimenti nell'Unione di cui le nostre imprese e amministrazioni pubbliche - soprattutto locali- hanno bisogno.
Insomma, la crisi del Coronavirus mette l'Unione europea di fronte a un bivio: può essere l'occasione per dimostrare quanto sia importante un approccio univoco e la possibilità di mettere in campo misure a spettro globale che aiutino ogni Stato membro - ogni cittadino- in una situazione di emergenza e crisi.
In cinese, la parola crisi è composta di due sillabe. La prima sillaba è traducibile come «pericolo». La seconda rivela un concetto più complesso, interpretabile come «momento cruciale in cui cambia qualcosa». Siamo certamente di fronte a un pericolo.
E stiamo senza dubbio vivendo un momento cruciale, in cui qualcosa è destinato a cambiare. Dobbiamo affrontare tutto con lucidità e con speranza, perché, come insegna Sant'Agostino, «la speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle».
Antonio Tajani
vicepresidente Ppe
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