Eutanasia, donna morta in Svizzera: avviso di garanzia per "Exit Italia"

L’avviso di garanzia è stato notificato a Emilio Coveri, presidente e fondatore dell’associazione Exit Italia che promuove il diritto all’eutanasia. La signora deceduta non aveva informato i familiari della sua scelta

Eutanasia, donna morta in Svizzera: avviso di garanzia per "Exit Italia"

Un avviso di garanzia con l'imputazione di "omicidio del consenziente relativamente all'articolo 580 del Codice Penale" è stato consegnato ad Emilio Coveri, presidente e fondatore di Exit Italia, associazione che promuove il diritto all’eutanasia e che da anni offre informazioni per ricorrere alla cosiddetta “dolce morte” in Svizzera.

Il provvedimento è stato spiccato dalla procura di Catania e riguarda il caso di una donna di Paternò deceduta il 27 marzo scorso in una struttura di Forch, non lontano da Zurigo, riconducibile alla clinica Dignitas che pratica il suicidio assistito. Il centro risulta in contatto proprio con l'associazione Exit Italia.

La donna, una insegnante di 46 anni, era affetta dalla sindrome di Eagle, una malattia che provoca depressione e di nevralgia cronica. La signora, deceduta il 27 marzo scorso, soffriva di “fortissimi dolori che non le permettevano di stare in piedi", ha spiegato Coveri all'Adnkronos

Della sua particolare scelta, però, la 46enne aveva tenuto all'oscuro i suoi familiari. Questi ultimi, infatti, erano contrari all’eutanasia e, non avendo più sue notizie, avevano denunciato la sua scomparsa alla trasmissione Rai “Chi l’ha visto?”.

La segnalazione da parte di un amico, che aveva incontrata la 46enne all’aeroporto in partenza per Zurigo, aveva fatto capire ai familiari cosa si stesse preparando a fare la donna. Purtroppo, quando i parenti aveva contattato la clinica svizzera per parlare con la congiunta e convincerla a tornare a casa, lei era già morta.

“È vero, mi aveva cercato e sono stato io a segnalarle la clinica”, ha ammesso Emilio Coveri, “Quella donna mi aveva chiesto informazioni sul suicidio assistito dicendomi di avere dolori atroci. E io gliele ho date.

Mi aveva anche detto che la madre e il fratello la ostacolavano. Mi faceva lunghe telefonate e mi mandava mail in cui mi raccontava la sua sofferenza. Io non ho fatto altro che darle spiegazioni per aiutarla ad avere una morte dignitosa”.

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