Quella presidente della Onlus che ricattava le donne picchiate

La onlus ha incassato soldi anche dalla Regione Emilia Romagna

Quella presidente della Onlus che ricattava le donne picchiate

Fonda un’associazione per fornire assistenza a donne vittime di molestie, violenze e stalking. Ma, invece di prendersi cura di loro, ne approfitta per fare cassa.

É successo in Emilia Romagna, più precisamente a Riccione. Nel 2014, una signora originaria di Foggia, Clarissa Matrella, crea una onlus, di cui diventa presidente, dal nome Butterfly. La 35enne era molto attiva per quanto riguarda i temi del sociale e, come racconta La Verità, organizzava continuamente, manifestazioni, marce, eventi, incontri per parlare della problematica della violenza sulle donne e difendere i loro diritti. Madri, compagne violentate psicologicamente e fisicamente, che nella Matrella vedevano una persona di cui fidarsi, che le avrebbe aiutate a uscire dal baratro e ritrovare finalmente la felicità. E invece, la donna, si è rivelata l’artefice di una terribile trappola. Le sue pazienti, vittime di un sistema illecito che lucrava sulle sofferenze di donne ferite e abusate.

Il meccanismo era sempre lo stesso. La donna spiegava alle proprie clienti che era necessario attrezzarsi di tutte le prove necessarie per incastrare il proprio ex marito o compagno in fase di processo. Dunque, si faceva pagare per raccogliere informazioni sugli uomini che le avevano maltrattate e per fornire consulenza su come condurre le cause in tribunale. I pagamenti potevano essere effettuati al momento dell’accordo o, eventualmente, anche a rate. Si parla di centinaia e centinaia di euro. Se le donne non riuscivano a saldare il conto venivano minacciate. Matrella sosteneva che se non avessero sborsato i soldi, lei avrebbe fatto il modo di condizionare in maniera negativa i processi in corso e influenzare le cause di affidamento dei figli.

Nel 2017, una delle donne finite nelle mani della stalker foggiana, ha avuto il coraggio di denunciare. Ieri la Matrella è finita agli arresti domiciliari. È accusata di truffa, estorsione e malversazione ai danni delle donne maltrattate. Dalle prime indagini sembrerebbe persino che la casa in cui viveva a Morciano di Romagna, appartenesse a una delle sue vittime.

La falsa investigatrice, avrebbe truffato almeno una ventina di persone. “L’ indagata - da quanto riportano gli investigatori - induceva o tentava di indurre le donne ad avvalersi di diversi servizi a pagamento [...] quali servizi di osservazione e di pedinamento, di backup dei telefoni cellulari piuttosto che collocamento di registratori sonori ovvero di periferiche ambientali”. Misure che - secondo quanto raccontava la donna - sarebbero state “fondamentali per riuscire a raccogliere quelle prove inconfutabili che sarebbero state poi decisive in fase di giudizio, ma che di fatto sono sempre risultate inconsistenti ed inutili”. Ma non basta. Secondo il Giudice per le indagini prelimari, “molte utenti, pur avendo pagato, non visualizzavano mai gli esiti dei servizi”. Magari, proprio nei casi in cui il pagamento avveniva prima del “lavoro”.

Ad essere beffato dalla mente maligna di questo sistema degli orrori, anche lo Stato. Dalle indagini è emerso che la Matrella aveva ottenuto persino del denaro pubblico. 28mila euro circa, per la gestione di una casa rifugio per donne vittime di violenza, che la donna avrebbe ricevuto dal Comune di Cattolica. Soldi che, provenivano dalla Regione Emilia Romagna, ma che furono assegnati dall' amministrazione di Cattolica.

“Una vicenda incredibile e che ci lascia sorpresi”, dichiara il sindaco di Cattolica, Mariano Gennari, a La Verità. Poi spiega: “tutto è partito con un bando uscito nel 2015, prima della mia amministrazione, per l' affidamento della casa rifugio del distretto sud. La struttura ricadeva nel nostro territorio. In quella occasione, tuttavia, il bando andò deserto e, quindi, la casa rifugio venne assegnata alla Matrella con un affidamento diretto. Nel 2017, durante il nostro mandato, venne fatto un altro bando che venne vinto da un' altra associazione”. Intanto però, per la falsa investigatrice, non è mancato il tempo per riuscire a sperperare il denaro pubblico per i propri sfizi. E così, quei soldi, sono finiti a pagare cene, passaggi dal parrucchiere e cure estetiche. Adesso, grazie al coraggio si una delle sue vittime, per la Matrella è finita la pacchia. Ma, viene da chiedersi, per quanto ancora dovremmo assistere a scandali di questo calibro che vanno a rovinare la vita dei più deboli? Ancora una volta, pare che le lacune nel sistema sociale italiano, siano molte. Anche questa volta, siamo d’avanti a istituazioni che si sono fidate della facciata di falso buonismo.

Tutti, si sono accontentati delle belle iniziative cittadine, senza scavare a fondo per capire cosa ci fosse dietro gli eventi e le serate, chi fosse realmente quella persona che cercava di farsi amici gli amministratori per estorcere, con l’inganno, denaro pubblico da sperperare. Per l’ennesima volta, la disattenzione di qualcuno, è costata le sofferenze di decine di persone.

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