Il regista Gabriele Muccino si è raccontato nell’autobiografia “La vita addosso”, realizzata con Gabriele Niola, in cui ha ripercorso i suoi successi e ha parlato di Will Smith, Mike Bongiorno, altri attori americani e italiani, senza dimenticare il lutto provocato dalla rottura di ogni legame con il fratello Silvio, una ferita ancora aperta. In una intervista al Corriere ha definito l’autobiografia come “una lunga cavalcata di 24 anni, metà in Italia e metà in America, a cavallo di due culture molto diverse. Ho aperto ogni file della memoria in modo onesto”.
Dalla tv al cinema
Muccino ha ricordato i primi passi mossi in tv, dove era arrivato grazie a suo cugino che lavorava a Mixer e che mostrò a Minoli i suoi corti. “Me ne commissionò tre uno sull’innamoramento, sula gelosia e sulla separazione. Poi per cinque mesi ho fatto Un posto al sole. La tv è stata una palestra, l’obiettivo sempre stato il cinema” ha rammentato. Ha poi riportato alla mente che fino a “Come te nessuno mai” era ancora visto come una promessa, guardato con attenzione e una sorta di affetto da Monicelli, Scola e Suso Cecchi, “poi quel film rompe l’incanto. Come se avessi fatto troppo e troppo lontano da quello che loro riconoscevano come cinema italiano. Io cercavo il mio modo di fare cinema. È stato il film che ha scompaginato, scatenato gli animi. Non era chiaro che etichetta mettermi addosso, non assomigliava a nulla. questa incapacità di capire che tipo di cinema facessi è stato motivo per cui ho avuto molto successo e molti detrattori. Vinse il Sundance, è restato nelle sale per sei mesi, ha incassato 33 miliardi di lire in anni in cui andavano Pieraccioni e Aldo Giovanni e Giacomo” ha continuato il regista.
Da quel momento Muccino ha iniziato a lavorare con un gruppo di attori ancora oggi presente nel panorama del cinema italiano, come Santamaria, Accorsi, Mezzogiorno, Favino. Il film “L’ultimo bacio”, ha asserito Muccino “resta un punto di riferimento, anzi i loro destini, sono andati a assomigliare ai personaggi che interpretavano, tutti quanti, da Favino a Stefano a Pasotti a Accorsi. Ci scherziamo su tra di noi”. Poi l’incontro con Will Smith, il Principe di Bel Air, avvenuto quasi per caso, “per un curioso allineamento di astri, in cui entra Mike Bongiorno e anche il Corriere, con un’intervista di Giovanna Grassi a Will che parlava di ultimo bacio. Avendo lo stesso agente riuscii a conoscerlo e lui mi propose La ricerca della felicità, tutto accadde in modo precipitoso. Non ebbi tempo neanche di capire l‘enormità dell’evento”. In mezzo c’è stato posto anche per il grande Mike Bongiorno, con il quale ha girato uno spot insieme a Fiorello. In quel momento Muccino era stato chiamato al telefono da Hollywood e Mike, dopo aver ascoltato, si era lamentato con Fiorello dell’inglese del regista.
La rottura con il fratello
Durante l’intervista c’è spazio anche per un momento molto doloroso nella vita di Muccino: la rottura con il fratello Silvio. “Non lo vedo dal 2007, dopo questo tempo si elabora una sorta di lutto, non ha voluto incontrare me, in nessuna occasione, i miei figli, i miei genitori, mia sorella, ma anche Giovanni Veronesi, Carlo Verdone, ha fatto terra bruciata intorno a sé da tutti quelli che lo hanno amato. La sua scomparsa ha lacerato il tessuto familiare, a ognuno manca un fratello o figlio. Rimane inspiegabile, farà lui il bilancio della sua vita. Lui a un certo punto ha fatto dichiarazioni su di me talmente gravi, descrivendomi come uomo violento. Sono state il napalm. Le carte giudiziarie dicono l’opposto, vicenda si è chiusa con archiviazione. Nel libro, ho voluto raccontare tutto, non mi faccio sconti come uomo e padre”. Il regista ha parlato anche di quella volta in cui, in uno degli ultimi suoi due film, cercò di fare una mossa, definita da lui stesso di una forza sovraumana, per cercare di azzerare tutto e ripartire, almeno professionalmente, da dove avevano interrotto, scrivendo un ruolo appositamente per il fratello. Ma sembra che Silvio non ne abbia voluto sapere nulla, affidando la sua risposta agli avvocati. Da quel momento il regista ha deciso di evitare ogni tentativo di ricucita del rapporto.
Colui che invece rappresenta un grande amico, un compagno di strada, con cui ha condiviso i momenti più importanti della sua vita, sia privati che lavorativi, è Domenico Procacci: “C’era in clinica quando è nato mio primo figlio, era con me al Sundance, è corso da me, lui maniaco di fumetti, quando c’era la possibilità di fare Wolverine con Hugh Jackman, a spiegarmene il valore di Wolverine, film che poi non si fece”. Così come altri film che non si fecero, come Dracula, Ponzio Pilato, il biopic su Tyson. Uno su tutti sembra averlo toccato: “Uno a cui tenevo davvero moltissimo, che ho preparato per sei mesi, è Passengers, gli attori erano Keanu Reeves e Emily Blunt. Anche Ponzio Pilato era molto interessante. Ma nessuna nostalgia né rimpianti. Scelte sbagliate ne ho fatte, Quello che so sull’amore (con Gerald Butler) è stato un grande errore, non era giusto, la mia sensibilità mi suggeriva di non farlo. Mi sono lasciato convincere”.
Muccino: "I social servono solo per informare"
Nell’autobiografia Muccino ha parlato anche della sua balbuzie, che ha definito come un grosso problema da ragazzo perché non riusciva a socializzare, ma che allo stesso tempo è stata una spinta in più per fare cinema, per diventare narratore di storie. Alla Festa di Roma si vedrà un assaggio della sua prima serie “A casa tutti bene” diretta per Sky, con giovani attori che a suo dire sono molto bravi. Sui David “possono dire quello che vogliono, ma resta una cosa clamorosa non è che non abbia più avuto nomination miglior regista dal 2003. Sento una sorta di avversione a prescindere da quello che faccio. Ho preferito uscire da Accademia.
Sto meglio così devo dire” ha asserito il regista che ha confessato di pentirsi spesso del fatto di usare molto i social, che “non sono un mezzo per comunicare concetti o raccontare emotività, solo per informare. A volte non ci penso” ha concluso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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