"È dei narcos". La modella in carcere, ma è innocente

Fermata per una partita di cocaina nel 2019 ma l'inchiesta si era rivelata infondata: dopo tre mesi di cella, la 24enne cerca giustizia

"È dei narcos". La modella in carcere, ma è innocente

Dalle passerelle di tutto il mondo alla galera per una inchiesta infondata, la storia di Greta Gila grida vendetta. Tre mesi dietro le sbarre a Civitavecchia per un errore, le accuse mosse nei suoi confronti sono decadute nel giro di poche settimane. Ma le ferite restano e ora la 24enne cerca giustizia, chiedendo all’Italia un maxi-indennizzo.

Come ricostruito da Il Messaggero, la vicenda risale al marzo 2019: la modella si trova in Italia di passaggio, la sua meta è il Giappone, dove è attesa per uno shooting. All’aeroporto di Fiumicino le forze dell’ordine fermano una sua conoscente, che ha con sé della cocaina. “È di Greta”, l’affermazione della donna che implica l’arresto della 24enne. L’indossatrice trascorre 74 giorni in carcere a Civitavecchia e resta bloccata in Italia a causa dell’indagine per spaccio internazionale, come un vero e proprio narcos. Un dramma terminato il 16 dicembre, con l’archiviazione dell’indagine su richiesta della procura.

Un’inchiesta rivelatasi talmente infondata, tanto che i pubblici ministeri non hanno chiesto il processo per Greta Gila. “Infondatezza della notizia di reato nonostante le lunghe indagini”, la precisazione limpida del giudice per le indagini preliminari. La modella ha ritrovato la libertà, l’incubo è alle spalle, ma la sua vita è segnata. L’ungherese ora cerca giustizia e per questo motivo ha chiesto allo Stato italiano 100 mila euro.

La modella ha invocato un maxi-risarcimento per l’ingiusta detenzione ed è attesa una decisione il prossimo 22 febbraio, quando si riuniranno i giudici della quarta sezione penale della corte d’Appello di Roma.

Queste le parole dell’avvocato Massimiliano Scaringella: “La fase risarcitoria è di fondamentale importanza. Oltre che per un equo ristoro come ovvio delle vittime di errori, anche per invitare a una maggiore prudenza nella formulazione di ipotesi accusatorie non adeguatamente verificate e supportate”.

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