Il presidente Conte non emette decreti, lancia giochi di società per la quarantena. Ogni volta che parla, riempie le nostre settimane successive con una gara (senza premi) all'interpretazione dell'enigma che si interrompe bruscamente solo con l'emanazione di un nuovo decreto. Altri sotto testi da decriptare, altre date da tenere a mente, altri ostacoli logici da superare per arrivare a una meta che, proprio come la carota dell'asino recalcitrante, viene spostata sempre un po' più indietro. Ma in effetti, potrebbe anche trattarsi di una premura da parte del capo del governo per i tanti italiani annoiati in casa. Infatti c'è ancora chi confida in un premio finale (che sia il vincitore del quiz, l'unico a cui verrà concesso di uscire?) e chi, più modestamente, sempre a conclusione del tutto, spera almeno nella correzione delle risposte. Ma c'è anche chi ha smesso di ascoltare le parole del premier trovando più chiari ed esaustivi i gesti di Susanna Di Pietra, traduttrice della lingua dei segni, che compare in piccolo nella stessa schermata del presidente del Consiglio. La maggior parte dei connazionali comunque partecipa alla corsa campestre sul posto: giornali, ministri, social media, Borse... tutti ai nastri di partenza.
Con la sfida di domenica, poi, Conte ha superato se stesso. Una trovata su tutte: il termine «congiunti» messo lì come nulla fosse proprio tra le parole «visite», «uscite» e «regioni». Beh geniale. Cosa avrà voluto dire con «dal 4 maggio è concesso spostarsi, all'interno della stessa regione, per andare a far visita ai congiunti»? E chi sono, oltretutto questi «congiunti»? Siamo già a quarantotto ore dal discorso in mondovisione, ma la gara è ancora apertissima. Il termine è il più cliccato su internet e un sacco di status nei profili Facebook sono già stati modificati in «congiunti». Malgrado nel frattempo, per capire da chi sia concesso recarsi, siano scesi in campo una nota di Palazzo Chigi (che avrebbe dovuto essere esplicativa), e il ministro della famiglia Elena Bonetti con prodighe rassicurazioni per tutti i tipi di «fidanzati» e per le «coppie di fatto». Palazzo Chigi ha specificato che per congiunti si intendono «parenti e affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili». E dunque, si potrà andare a visitare non solo genitori, figli, nonni, nipoti, fratelli, sorelle, gli ascendenti e i discendenti, i consanguinei o persone a cui si è legati giuridicamente ma qualsiasi persona alla quale si sia legati da una relazione affettiva stabile.
Il gioco di società è senza dubbio passato di livello. Non è più il mero districarsi in rompicapi logici (posti di blocco, divieti, quiz geografici, orientamenti spazio-temporali), ora agli spaesati, impoveriti, impauriti italiani, viene chiesto di dare anche una connotazione, una sfumatura cromatica, una lettura emotiva ai loro rapporti parentali-barra-amicali-barra-amorosi. «Relazione affettiva stabile», ma non è meraviglioso, non è onirico trovare una tale definizione all'interno di un decreto legge? E questo, non è un governo meraviglioso? Per strada ci chiede l'autocertificazione, e nel nostro intimo ci chiede di fare chiarezza: di individuare quali siano, davvero, i nostri affetti più importanti e di recarsi da loro, il 4 maggio, senza esitare.
Certo, la dicitura «relazioni affettive stabili» scoperchia altre voragini.
Per esempio, se uno è sposato ma, complice la quarantena prolungata litiga moltissimo, cosa deve fare in quest'impeto di autocertificazione morale, in questa ondata di onestà emotiva richiesta per decreto, smettere di far visita al congiunto e quindi uscire di casa? E se invece il marito è già ex, come lo si considera, e un amante? E se nostro zio ci è antipatico, ci andiamo lo stesso tanto per uscire e magari portargli la spesa o sarebbe come tradire la fiducia accordataci da Conte in persona? E se abbiamo un'amica a cui vogliamo più bene che a nostra cugina? Che si fa? Si fa vincere il congiunto «consanguineo» o quello stabilito dal «rapporto emotivo stabile»? E volendo, cosa si intende esattamente per «rapporto»? Non avremmo mai pensato di dirlo, ma bisogna che il premier ci lasci più tempo.
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