Con le feroci condanne pronunciate ieri contro gli implicati nello sciopero metallurgico di Milano, il Tribunale di Milano - e per esso il Presidente Allara - si è creato un vero, innegabile, immortale titolo di benemerenza presso tutta la classe capitalistica italiana. Fu un verdetto di classe che appunto perché tale merita l'attenzione di tutti i socialisti, di tutti i lavoratori coscienti e dignitosi.
Sarebbe triste e vergognoso che lo sdegno e la protesta che il verdetto ha provocato si dovesse limitare alla sola Milano, e non trovasse eco in tutta Italia. Noi non ci meravigliamo della ferocia con cui la borghesia colpisce i suoi nemici, i suoi futuri espropriatori. Se ce ne meravigliassimo dimostreremmo di essere affatto ignari di ciò che la lotta di classe è, di ciò che deve essere, di ciò che non può non essere.
Nella società capitalistica il «diritto» è sinonimo di forza, di prepotenza, di violenza. Il Tribunale - specialmente quando si tratta di un processo che porta una impronta di classe così palese come quella del processo di ieri - non è altro che l'esecutore fedele della volontà della classe che è al potere. I protagonisti e i vincitori della indegna commedia giudiziaria di ieri sono: il Consorzio metallurgico e l'intera classe capitalistica. I giudici e il Presidente del Tribunale hanno voluto e potuto essere feroci, emettere una sentenza inaudita, sorpassare la stessa misura suggerita dal Pubblico Ministero, hanno potuto insomma permettersi il lusso di sfidare l'opinione pubblica, perché sapevano di essere gli esponenti di una classe che si sente ancor forte e difende il prestigio della propria forza basata sulla prepotenza e sul privilegio. È l'inaugurazione di un metodo: il capitalismo italiano, pur essendo giovane e poco agguerrito, ha la fortuna di poter scimmiottare i metodi che in altri paesi il capitalismo ha acquistato attraverso decenni di esperienza, di lotta tenace con una classe lavoratrice organizzata, disciplinata, consapevole dei mezzi e dei fini della propria battaglia.
Il capitalismo italiano si organizza, si solidarizza e fa valere la propria forza. I «padroni» dell'industria metallurgica fanno scuola: è un'industria moderna, ricca, fornita dei più perfezionati e raffinati mezzi di produzione. Richiede e forma una mano d'opera scelta, e questa appunto perché tale è più ribelle, più consapevole dei propri diritti, più dignitosa, più organizzabile. Il più numeroso sindacato d'Europa è appunto quello dei metallurgici tedeschi. In Italia, purtroppo, il trust capitalistico precede e supera per forza e compattezza i salariati della metallurgica. Ecco perché i consorziati a Torino protestano perché le autorità non si mettono palesemente, sfacciatamente a servizio dei capitalisti. A Milano fanno arrestare, ammanettare, condannare per direttissima, applicando delle pene capitali a chi dello sciopero è stato esponente partecipante o semplice spettatore. Il procedimento è così spudoratamente forcaiolo che ha suscitato le ire anche di chi di solito è indifferente anzi ostile alla classe lavoratrice.
Vedremo la stampa di molti colori protestare contro «l'esagerata severità» della sentenza, sappiamo che gruppi d'individui e di Partiti hanno iniziato un'agitazione per ottenere l'allontanamento da Milano dell'Allara e che venga affrettato l'appello. Auguriamo pieno successo alla iniziativa, per vedere liberati al più presto dal carcere coloro che la giustizia borghese ha voluto colpire come tanti capri espiatori. Ma diciamo subito e lo diciamo forte che se anche l'agitazione dovesse avere esito felice, non riterremmo questo né una soluzione e nemmeno un'attenuante della situazione generale che si palesa gravissima e sulla quale attiriamo l'attenzione dei nostri e dei lavoratori italiani in genere.
Quello di ieri è stato un episodio feroce, sanguinoso, i proletari non lo possono lasciar passare senza trarne l'insegnamento che ne scaturisce con tanta evidenza. Farebbero male i lavoratori se vedessero nella sentenza di ieri una semplice lesione del diritto umano. È molto di più e assai peggio. E il riconoscimento legale delle più ignobili disuguaglianze di classe. È la sanzione pubblica, palese delle più ignobili disuguaglianze di classe. Poco importa se i condannati abbiano o non abbiano gettato dei sassi, siano o non siano ricorsi a dei mezzi che si chiamano violenti. Il sintomatico è che noi si viva in una società in cui fra due classi in contesa all'una si concede la possibilità di difendere il proprio privilegio con innumeri fucili e altri mezzi di violenza e d'intimidazione, e si creano delle situazioni che assorbono la maggior parte degli introiti e delle energie del popolo, per difendere questi privilegi; mentre quell'altra classe che non possiede altro che la vita viene accusata e condannata se si permette di lanciare qualche volta un sasso - istintivamente - per difendersi dalla violenza dei difensori armati della borghesia.
Nella contesa fra capitale e lavoro non esiste mai parità di condizioni. Parlare del diritto umano uguale per tutti vuol dire fare delle affermazioni prive di contenuto e di sincerità. È demagogia della peggiore specie. Se i sassi che si presume siano stati gettati dagli scioperanti nella esasperazione della lotta fossero stati gettati da figli di papà, da dimostranti nazionalisti? Sarebbero pur essi stati condannati per direttissima? I lavoratori devono sentire profonda, irrefrenabile indignazione e ribellione contro la sentenza perché essa dimostra che nella società capitalistica, la proprietà privata sta al disopra di tutto, essa è inviolabile, alla sua inviolabilità vengono immolate innumerevoli vite umane, e tutto è lecito in sua difesa. Deve scaturire per il proletariato dalla mostruosa sentenza di classe la persuasione che nella società capitalistica esso «non possiede altro che le catene». Tentare d'infrangere queste catene vuol dire scatenare tutte le ire, tutte le più basse vendette della classe privilegiata.
Quante volte non hanno detto i socialisti nei loro scritti, nelle loro conferenze: nella società capitalistica l'operaio possiede una libertà sola: quella di... morire. Tutto il resto gli è conteso. Deve vegetare sottomettendosi allo sfruttamento e alla oppressione delle classi dominanti. Appena manifesta il minimo malcontento, il timido desiderio di essere una volta tanto almeno per un attimo qualche cosa di più di una bestia da soma, qualcosa di più e di diverso d'una semplice merce, ecco che si armano e procedono contro di lui tutti i poteri costituiti, tutti i ben pensanti della società attuale, per ricordargli la triste e umiliante realtà. E di questa triste e umiliante realtà il verdetto di oggi non è che un episodio.
Ecco perché non basta insorgere contro l'episodio, ecco perché bisogna combattere senza tregua l'iniquo sistema che genera tali episodi. E in questa titanica lotta, contro la società capitalistica, contro tutti i suoi tenaci difensori più o meno togati, il proletariato non può avere che una guida, che un alleato, che una bussola, che un programma. Il proletariato deve assalire e combattere e vincere il nemico di tutte le sue libertà e di tutto il suo diritto in alleanza con i proletari socialisti di tutti i paesi. Deve aver per bussola il programma della lotta di classe, essenzialmente rivoluzionaria, perché tende a trasformare, a sovvertire le stesse basi della società. Nessuna alleanza coi Partiti e cogli individui che protestano o fingono di protestare contro una singola sentenza, contro singoli esponenti e applicatori della giustizia borghese, salvo a sostenere in tutto il resto la società capitalistica con tutte le sue fondamentali ingiustizie, ma lotta ad oltranza, con ogni mezzo, per rendere il proletariato consapevole delle offese che gli si recano, per renderlo sensibile ad ogni ingiustizia, solidale con gli oppressi.
E la protesta contro l'infame sentenza di classe del Tribunale di Milano sarà tanto più tenace e virile in quanto i socialisti in essa vedono una delle manifestazioni di quel sistema borghese al quale non da oggi hanno dichiarato guerra ad oltranza, sarà tanto più virile in quanto i mezzi di lotta li attingono
al ricco arsenale della internazionale socialista, in quanto sono ispirati e guidati dalla fede socialista, suscitatrice di innumerevoli energie combattive, e fonte inesauribile di idealismo rivoluzionario.14 giugno 1913
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