"I nostri medici e infermieri sono eroi quanto quelli delle strutture ospedaliere". Lo sfogo arriva dai responsabili di due Fondazioni che accolgono anziani e disabili, finite al centro delle indagini della procura di Milano, a causa del grande numero di vittime registratesi in questo periodo. Secondo un report dell'Istituto superiore di sanità, infatti, dal primo di febbraio fino al 14 aprile, sono state quasi 7mila le vittime nelle Residenze sanitarie per anziani non autosufficienti (Rsa) e in quelle per disabili (Rsd), anche se non tutte sono decedute per coronavirus.
E ora, dopo le accuse mosse contro l'operato delle Rsa, i responsabili di due di queste strutture sotto accusa, la Fondazione Don Gnocchi e la Sacra Famiglia, difendono le scelte prese durante l'emergenza Covid-19. "Di fronte all’esplosione e al rapido precipitare della situazione in Lombardia- racconta al Sir, l'organo di informazione della Cei, il presidente della Don Gnocchi, don Enzo Barbante-le scelte operate sono state, comprensibilmente, quelle di concentrare tutti gli sforzi sulle terapie intensive e l’attività svolta dagli ospedali, riempitisi ben oltre le loro capacità iniziali. Ma questo ha fatto passare le nostre realtà in secondo piano: ci siamo trovati a dover affrontare questo impatto violento sostanzialmente da soli". Il presidente, infatti, ricorda le costanti richieste avanzate per i dispositivi di protezione individuale, dato che "quello che ricevevamo era enormemente al di sotto del bisogno". Lo stesso problema è raccontato anche dal presidente della Sacra Famiglia, don Marco Bove, che ricorda l'appello fatto alle istituzioni lo scorso 23 marzo: "Comprensibile l’attenzione del Ministero della Salute al mondo sanitario", ma la Fondazione "aveva chiesto di occuparsi anche delle persone più fragili, prevedendo che se l’epidemia avesse sfondato nelle Rsa e nelle Rsd sarebbe stata una Caporetto". E aggiunge: "Ci siamo trovati a vedere bloccati alla frontiera tutti i dispositivi che avevamo ordinato all’estero".
Per le Rsa e le Rsd, le linee guida ministeriali "sono state emanate solo il 17 aprile". Per questo, racconta Bove, la Sacra Famiglia "ha emesso per le nostre 23 sedi linee guida interne", che comprendono "chiusura di centri diurni e ambulatori e stop alle visite dei familiari, organizzando la possibilità di videochiamate per consentire ad anziani e disabili di mantenere in tutta sicurezza il contatto con i parenti".
Per quanto riguarda l'utilizzo delle mascherine, i due respondabili assicurano di non aver impedito al personale di usarle: "Abbiamo utilizzato i Dpi applicando alla lettera le regole indicate dalle disposizioni ministeriali, dall’Istituto superiore di sanità e dalla regione, invitando i nostri operatori a utilizzare i dispositivi con razionalità e buon senso". I due responsabili raccontano anche la drammaticità dei primi giorni dell'epidemia: "Se noi chiamavamo il 112 per chiedere il ricovero di nostri pazienti- spiega Barbante- conosciuta la loro età non li accettavano. L’indicazione, successivamente confermata da una delibera regionale del 30 marzo, poi modificata, diceva in sostanza: se hai un ultra settantacinquenne pluripatologico e positivo te lo devi tenere".
Ma le difficoltà delle Rsa hanno coinvolto anche il personale che, in alcuni casi, alla Sacra Famiglia si è ridotto del 30% o del 50%, "perché positivi o perché timorosi di contagiare i familiari e a questo si aggiunge che parte del personale ci ha lasciato per trasferirsi negli ospedali". Anche alla Don Gnocchi, raccontano, "abbiamo difficoltà a fare i tamponi per far rientrare gli operatori rimasti a casa". Potrebbe essere stato proprio il personale a portare il virus nelle Rsa, passando "il triage perché asintomatico".
Ma respondabili delle due strutture assicurano al Sir che gli ospiti sono stati protetti nel miglior modo possibile: "Pur non avendo alcun riconoscimento ufficiale, i nostri medici e infermieri sono eroi quanto quelli delle strutture ospedaliere", osserva Barbante. E il presidente della Sacra Famiglia denuncia come "l'investimento della sanità pubblica nel sociosanitario, rispetto al sanitario, è in un rapporto di 1 a 10: una disuguaglianza che questa epidemia ha fatto emergere in modo ancora più prepotente".
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mentre la procura indaga sulle Rsa, i due responsabili si augurano un ribaltamento della situazione: "Anziché sentir parlare di quelli che 'stiamo ammazzando', vorremmo si parlasse di quelli che stiamo salvando".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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