I tre testimoni che possono far riaprire l'eredità Agnelli

Tre testimonianze giurate. Tre documenti che offrono una possibile soluzione al rebus fra le mani degli inquirenti

I tre testimoni che possono far riaprire l'eredità Agnelli
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Tre testimonianze giurate. Tre documenti che offrono una possibile soluzione al rebus fra le mani degli inquirenti. Tre colpi al dogma della residenza fiscale in Svizzera di Marella Agnelli. Le carte che Margherita ha portato in procura a Torino sono una miniera e fra i tanti spunti investigativi ce n'è uno particolarmente interessante per affrontare la questione delle questioni: dove risiedeva realmente Marella, almeno nel periodo sotto osservazione? Insomma, nel 2018 e nelle prime settimane dell'anno seguente, fino alla morte il 23 febbraio 2019.

Tre collaboratori di Marella delineano, nei colloqui con gli emissari della figlia Margherita, un quadro che potrebbe mandare in crisi certezze apparentemente inscalfibili: Marella viveva più in Italia che in Svizzera.

Tre voci, cui ora si aggiunge la quarta, autorevole, del marchese Lodovico Antinori. Nei giorni scorsi Antinori, amico della vedova dell'Avvocato ha consegnato al Fatto quotidiano una verità assai nitida: «Marella fu forzata a trasferirsi a Lauenen, dove era infelice e dove andava solo un paio di mesi all'anno». Insomma, lasciando St. Moritz di fatto abbandonò anche la Svizzera. Per la cronaca, occorre dire che i tre fratelli Elkann hanno immediatamente querelato Antinori, ritenendo le sue parole «false e calunniose».

Ma quei racconti, se confermati, potrebbero portare a un rimescolamento delle carte nella saga degli Agnelli. A quel punto partirebbe una sistematica esplorazione dei beni della famiglia e i pm andrebbero alla caccia di eventuali conti nei paradisi off-shore, già segnalati nel decreto di perquisizione delle scorse settimane. Un terremoto che è destinato ad avere contraccolpi anche sulla Dicembre, la società che di fatto comanda l'impero, oggi saldamente in mano ai tre fratelli: John, al 60 per cento, Lapo e Ginevra, ciascuno con il 20.

Ma queste considerazioni, per quanto suggestive, sono forse premature. Nei giorni scorsi sono stati sentiti alcuni membri del personale di Marella, appartenenti alla piccola corte di Villar Perosa e Villa Frescot. Un esercito di dame di compagnia, cuochi, maggiordomi, autisti. Le deposizioni, fra ricordi sbiaditi e improvvise reticenze, sono state meno nitide di quel che si poteva immaginare. E allora i magistrati hanno deciso di affidarsi alle carte, anche perché su questo versante, assai delicato e decisivo per lo sviluppo dell'indagine, non si può essere approssimativi. L'eventuale reato fiscale scatta solo se il soggetto in questione è rimasto in Italia quell'anno almeno 183 giorni.

In questo caso si parla di dichiarazione infedele, contestata a John Elkann, presidente di Exor, a Gianluca Ferrero, commercialista e presidente della Juventus, al notaio svizzero Urs von Gruenigen. Il confronto va avanti e ci si prepara intanto al primo appuntamento per verificare la solidità dell'impianto accusatorio: l'udienza davanti al tribunale del Riesame che si terrà domani.

È un momento molto importante perché i giudici sono chiamati a pronunciarsi sui sequestri di carte e file effettuati dalla procura. Il Riesame potrebbe promuovere, bocciare o ridimensionare il lavoro di scavo dei pubblici ministeri. L'appuntamento è atteso anche perché in quell'occasione la procura scopre le carte di cui dispone.

È la discovery, spesso solo parziale, ma comunque fondamentale per dare una direzione agli avvocati ed elaborare le strategie difensive. A maggior ragione per un'inchiesta così ambiziosa, nata da una costola di un procedimento civile e all'interno di una guerra insanabile fra Margherita e i tre figli di primo letto che si trascina ormai da molti anni.

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