Passi pure per i certificati di morte, rilasciati senza aver visitato la salma e per l’auto di servizio utilizzata per fare le commissioni, ma ciò che ha dato più fastidio al giudice è che “La dottoressa Del Vecchio non ha mostrato alcuna resipiscenza, ha mostrato un intollerabile cinismo nel dialogare delle persone anziane decedute, nei mesi di monitoraggio emergeva come ella, pur di giustificare il proprio agire, non esitava a denigrare colleghi e collaboratori e anche in sede di interrogatorio ha cercato di sminuire il valore delle persone che si erano a vario titolo relazionate con lei”.
Sono davvero parole forti quelle contenute nelle motivazioni della sentenza di condanna, in primo grado, a 6 anni e 6 mesi di reclusione, contro la dottoressa Simona Del Vecchio, all’epoca dei fatti dirigente di Struttura complessa di Medicina legale dell'Asl 1 imperiese. Il 22 marzo scorso è stata condannata, in primo grado dal tribunale collegiale di Imperia, con le accuse di falso, truffa e peculato, nell'ambito del processo sulle cosiddette "autopsie fantasma” e il giudice, proprio a fronte ci questo “intollerabile cinismo”, ha deciso di non concedere le attenuanti generiche.
Quella dei certificati falsi o delle false attestazioni, per il giudice era una: "prassi di aberrante. Una modalità di redazione e firma dei certificati necroscopici, senza la preventiva visita del cadavere, che coinvolgeva la dottoressa Del Vecchio e altri medici della struttura di medicina legale. Salvo si trattasse di morti giovani o di morti strane, che avrebbero potuto evidenziare maggiori sospetti rispetto le morti di anziani avvenuto nelle proprie case”.
Per il collegio, dunque, il fatto che i medici potessero essere onerati da compiti gravosi: “non giustifica, all’evidenza, la falsa attestazione”. La truffa ai danni dello Stato, in particolare, riguarda la mancata timbratura di accessi e uscite dagli uffici: “La dottoressa Del Vecchio presentava in maniera decisamente anomala un numero eccessivo di moduli di mancata timbratura - spiegano i giudici - anche una decina al mese e, nonostante ciò, vi erano ancora giornate nelle quali mancava la timbratura e non veniva presentato il modulo. In ogni caso non risultano decurtazioni in tal senso nelle buste paga introdotte dal pubblico ministero”.
C'è, quindi, il peculato che secondo i giudici deriva dall'utilizzo, da parte della dottoressa Del Vecchio, della Fiat Panda di proprietà dell'Asl 1 imperiese, come fosse la sua auto personale.
"L'imputata utilizzava il mezzo come fosse proprio, posteggiandolo presso la propria abitazione durante la notte per recarsi anche in orario di lavoro - è scritto nelle motivazioni - a fare la spesa, a trovare la madre, dal notaio per un atto personale, a curarsi le unghie, badando di effettuare il rifornimento presso i pochissimi distributori ove era possibile spendere la carta carburante fornita dall'amministrazione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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