Nove arresti, 18 perquisizioni domiciliari, sequestrate ville e appartamenti di lusso per 154 milioni di euro. Ordinanze di custodia cautelare, tre a persone già in carcere, al faccendiere Paolo Oliviero e a padre Renato Salvatore, superiore generale dell’ordine religioso dei Camilliani. Le accuse? Evasione fiscale. Ben 32 le società coinvolte nell’operazione delle Fiamme Gialle del comando provinciale di Roma. Nel blitz, scattato questa mattina, sono stati messi i sigilli a 54 immobili fra Roma e provincia, fra cui una villa ad Albano Laziale su tre piani composta da 14 locali per una superficie di 500 metri quadrati e annesso parco di 2500 metri quadrati con vista sul lago di Castel Gandolfo. Fra le altre proprietà sequestrate ville e appartamenti sull’Argentario, a Milano, Perugia, Viterbo e Latina. Alcune di queste intestate, formalmente, a una società “cassaforte”, “l’Ermitage s.r.l.”, fusa successivamente in una società anonima svizzera: tutto questo per schermare la proprietà effettiva dei beni. Sequestrate, fra l’altro, auto, moto, quadri di artisti come Mario Schifano e Fernandes Armann, una barca a vela di 15 metri e denaro contante. Perquisizioni, inoltre, a Genova, Novara, Crotone e Cuneo. Gli arresti, secondo gli inquirenti, sono il risultato di indagini complesse in parte concluse nel dicembre del 2012 con la denuncia di 33 imprenditori e il coinvolgimento di 32 società. L’inchiesta aveva portato alla luce un sistema gigantesco e ben collaudato di fatture false emesse da imprese operanti nel settore dell’informatica e della gestione dei call-center che hanno sottratto al Fisco materia imponibile quantificata, inizialmente, in 570 milioni di euro. Fra le 50 società che hanno beneficiato del sistema di false fatture dodici imprese vincitrici di appalti pubblici nonché beneficiarie di finanziamenti comunitari. Fra i reati ipotizzati a carico delle 79 persone denunciate, tra cui 5 titolari di studi commercialisti, emissione e utilizzo di fatture false, occultamento di scritture contabili, omessa dichiarazione dei redditi e Iva con l’aggravante della transnazionalità, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, millantato credito, riciclaggio, bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Nei confronti di 11 soggetti il gip del Tribunale di Roma ha emesso un provvedimento, inoltre, per associazione a delinquere. Complessivamente le 82 società coinvolte (di cui 3 inglesi, 1 lussemburghese e 4 panamensi) hanno sottratto all’erario materia imponibile per oltre 1 miliardo di euro, con un’effettiva evasione d’imposta di 500 milioni di euro fra il 2006 e il 2013. A far partire le indagini una verifica fiscale nei confronti di una società operante nel settore informatico. In poco tempo gli investigatori della Guardia di Finanza hanno scoperto l’esistenza di una collaudata organizzazione articolata su vari livelli operante in diversi settori economici. Un vero e proprio gruppo societario riconducibile a un unico referente: Giovanni Mola, arrestato oggi, residente in Italia ma con interessi economici in Svizzera. Paese in cui aveva la disponibilità di conti correnti monegaschi e svizzeri intestati fittiziamente a società off - shore su cui sono transitate somme di oltre 110 milioni di euro. Mola, che aveva l’hobby di organizzare e partecipare a esposizioni in tutto il mondo di moto d’epoca, possedeva anche alcuni “bond” emessi da società di diritto britannico, per un valore di 80 milioni di euro. Fra le imprese facenti capo a Mola ben 32 società, di fatto “scatole vuote”, costituite al solo scopo di emettere fatture false e società con centinaia di dipendenti che cessavano la loro attività passando le risorse in altre società, dalla differente denominazione. Dipendenti e cassa venivano successivamente posti a disposizione, dopo la stipula di nuovi contratti di servizi, di ulteriori imprese, questa volta “terze”, cioè estranee al circolo di società facenti capo a Mola, spesso aggiudicatarie di appalti pubblici. Queste società beneficiavano di fatture totalmente fittizie o recanti corrispettivi sovradimensionati, emesse dalle imprese dello stesso Mola, cui faceva seguito la restituzione, in nero, di una frazione dell’imponibile, poi spartita tra l’imprenditore e i referenti delle società terze beneficiarie secondo un accordo tra le parti. Il sistema consentiva alle società “terze” di abbattere il proprio reddito con fatture di acquisto gonfiate e risultare, così, competitive sul mercato. Nel complesso sarebbero stati utilizzati un miliardo e 300mila falsi documenti contabili.
È stata fatta piena luce, infine, sul ruolo di primo piano svolto dal faccendiere Paolo Oliviero, che si era inserito nel contesto associativo di Mola, sia per la sua vantata capacità di risolvere problemi connessi agli accertamenti tributari che in qualità di organizzatore dell’occultamento della documentazione contabile delle società del gruppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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