La statistica è una rigorosa disciplina scientifica, la regola benedettina un'inestimabile fonte spirituale. Ma a volte, incredibilmente, quando l'appartamento in città diventa la cella di un monastero, possono coincidere. Ora, lege et labora. «Prega, leggi e lavora». E non potendo lavorare, causa quarantena, gli italiani hanno soprattutto letto e pregato. Chi lo avrebbe mai detto?
L'Istat. Proprio così. Secondo l'Istituto nazionale di statistica, rilevazioni alla mano, molti di noi durante il lockdown, oltre a navigare sui social e cucinare, hanno riservato alla lettura e alla preghiera molto più tempo di quanto non facessero in situazione pre Covid. La reclusione imposta dal Coronavirus, dimostrano i numeri del Rapporto Istat 2020, ha raddoppiato la quota degli italiani che hanno preso in mano libri, riviste e quotidiani: il 62,6% della popolazione (per la precisione il 64,5% degli uomini e il 60,8 delle donne) a fronte del 29,6% rilevato nell'ultima indagine sull'uso del tempo, cioè quando neppure si sapesse cosa significasse finire dentro una pandemia... La lettura - si legge nel rapporto - emerge come un'attività alla quale, nell'arco di una giornata durante la Fase 1, si è dedicato più tempo. E lo si è fatto sia on line (per il 46,7%) sia su carta (39,8). Non solo. Quasi la metà degli italiani nei mesi più duri della clausura ha pregato una volta alla settimana. E un quinto quotidianamente. La popolazione italiana fotografata dal Rapporto annuale Istat appare «polarizzata» in un'attività spirituale, il 42,8% settimanalmente, il 22,2 tutti i giorni (certo: significa anche che quasi altrettanti, pari al 48,3%, non l'hanno fatto mai). Che si tratti di dati interessanti, è sicuro. C'è da chiedersi, però, se siano anche così positivi. Intendiamo dire: è il caso di festeggiare? In realtà lo sarebbe se l'incremento del tempo riservato alla preghiera, ma soprattutto alla lettura, avvenisse in una situazione di normalità. Se cioè le due azioni fossero figlie di una libera scelta, e non di una costrizione. Molti reclusi si laureano in carcere.
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