Mohamed Gueye è il senegalese che il 23 agosto scorso ha violentato una 15enne sulla spiaggia di Jesolo. Ieri mattina, è stato fermato dalla polizia di Venezia ed è subito stato portato nel carcere di Santa Maria Maggiore. Ma chi è questo pedofilo che con i suoi abusi ha segnato per sempre la vita di una minorenne? Se si va a scavare fra le carte, spunta fuori una realtà assurda. Come scrive il Corriere della Sera, il senegalese è arrivato in Italia nel 2009 a bordo di un comodo aereo di linea atterrato all’aeroporto Marco Polo di Venezia. Non male. Sul passaporto, Gueye aveva stampato un visto turistico e poteva giustificare il suo viaggio con il desiderio di raggiungere la sorella che fino a qualche mese fa viveva con il marito in una villetta a Marcon, una cittadina veneziana. E in quella casa lo stupratore vive per qualche tempo con la compagna italiana e la figlia avuta proprio da lei due anni fa.
Ma la storia d'amore di Mohamed Gueye è naufragata presto. E con il cuore "spezzato" il senegalese se ne è andato via da Venezia. Da questo momento è iniziata la sua vita tra sballi, spaccio e furti. Ma quello che interessa a noi, è un altro aspetto della sua vita, quella legata all'irregolarità dal punto di vista dei documenti. Perché dopo il suo arrivo in Italia nel 2009, il senegalese aveva ottenuto un permesso di soggiorno, scaduto poi nel 2013. Due anni dopo, quindi, è seguita l’espulsione legata anche ad alcuni reati. Li elenchiamo? Atti osceni in luogo pubblico: l'immigrato aveva commesso attei osceni in un autobus di fronte a delle persone inorridite e aveva fatto resistenza agli agenti che lo volevano portare via. Furto: A settembre 2015 era stato anche arrestato perché a Venezia aveva rubato 700 euro in casa di alcuni studenti che lo avevano ospitato a dormire dopo che li aveva impietositi dicendo che non sapeva dove andare.
Tutto questo avrebbe portato alla sua esplusione immediata se non fosse per un particolare: la bambina.
E proprio questo legame di sangue con la nostra terra lo tiene qui come un "verme" per usare le parole del ministro Matteo Salvini. Lui lo sa e lo ha ricordato ai giudici, mentre le autorità amministrative stanno studiando il suo caso.
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