Antifascismo da giardinetti. È la reazione pavloviana che può mettere in cortocircuito ideologico un centrosinistra che lungo lo Stivale va a forsennata caccia di targhe e inaugurazioni per stendere una patina di “culturalmente corretto” al paesaggio urbano. A Padova si erano da poco spenti gli echi della querelle sulla statua di donna da piazzare in Prato della Valle fra le 78 maschili considerate retaggio di un passato misogino (in realtà è finita con una mozione annacquata: non si sa se verrà installata lì, nella cosiddetta Isola Memmia, o in altro loco – per la serie tanto rumore per nulla, o quasi), ed ecco che all’amministrazione del sindaco Sergio Giordani potrebbe scoppiare in mano un’altra bombetta all’acido lisergico. Perché ci vuole una ben fantasiosa immaginazione per trasformare la prima medaglia olimpica femminile della storia italiana, andata all’atleta Trebisonda Valla nel 1936, in un possibile pericolo di trasmissione del virus fascista. È della velocista e ostacolista detta “Ondina”, difatti, il nome dato al nuovo giardino pubblico di Brusegana, frazione del Comune di Padova che così ha inaugurato il terzo parco dedicato a figure femminili, dopo Lina Merlin e Margherita Hack.
L’inciampo starebbe nel fatto che l’allora ventenne Valla, conquistato l’oro olimpico, salutò com’era d’obbligo fare durante il Ventennio per gli sportivi d’Italia, cioè con il saluto romano. La campionessa, anche qui comprensibilmente se ci si situa nella temperie storica dell’epoca fascista, venne issata agli onori come esempio di “razza italiana”. L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, sempre occhiuta nel rilevare ogni minimo sentore “nero”, non ha gradito: c’erano “sicuramente molte altre figure femminili meritevoli di ottenere riconoscimento”, ha osservato piccata al Mattino di Padova la presidente padovana dell’Anpi, Floriana Rizzetto. Come ha precisato l’assessore all’ambiente Chiara Gallani, ad avere l’idea, dopo aver spulciato varie opzioni, sono stati gli innocenti studenti dalla scuola media Arrigo Boito. Sarebbe stata meglio una “maggiore attenzione da parte degli insegnanti”, ha sottolineato la Rizzetto. Aggiungendo, bontà sua, che non è “una colpa” aver avuto, come Ondina, vent’anni sotto il regime di Benito Mussolini, magari pure vincendo, nella Berlino nazista di quel 5 agosto 1936, la semifinale degli 80 metri ad ostacoli con un tempo di 11 secondi e 6 decimi. L’imperativo di oggi è chiudere di corsa l’eventuale casus belli tutto interno alla sinistra, naturalmente per salvare dall’imbarazzo la Gallani e la giunta, felicitandosi per l’ostinazione con cui si converte pezzo a pezzo il capoluogo patavino alla montante sensibilità di ‘genere’. Resta il fatto che, a furia di voler ideologizzare, si può incappare in potenziali autogoal involontariamente comici come questo.
Fra statue da incasellare a mo’ di pedine e intestazioni usate come passerelle di parte, il parere definitivo sul tema l’aveva già dato Carlo Fumian, professore di storia contemporanea al Bo, quando aveva fatto sommessamente osservare che “fare la storia con la toponomastica e lo spostar monumenti come fossero Lego, è un gioco pericoloso e poco intelligente”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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