Saper parlare l'italiano è importante e lo sa bene un capitano dei carabinieri di Lecce che ha accusato un maresciallo di non sapersi esprimere. A quest'ultimo, però, l'accusa del capitano non è andata giù e ha fatto ricorso al Tar del capoluogo pugliese. I giudici gli hanno dato ragione. Il maresciallo l'italiano lo sa parlare e il capitano non doveva indirettamente additarlo come ignorante solo perché di un grado inferiore.
A dare notizia della decisione presa dal Tribunale amministrativo regionale è Paola Ancora sul giornale salentino Nuovo Quotidiano di Puglia.
La seconda sezione del Tar di Lecce ha emesso una sentenza severa con il ministero della difesa e con l’Arma.
Il fatto è accaduto nella stazione di Gallipoli, nel Leccese. Il maresciallo, secondo quanto racconta il Quotidiano, per tredici anni ha lavorato ottenendo sempre ottimi risultati. Ma fra il 2012 e il 2014 la sua media di valutazione da parte del superiore è andata peggiorando. Per il capitano, nel suo sottoposto mancava la "capacità comunicativa, la capacità di lavorare in gruppo, l’iniziativa e il rendimento e la difficoltà ad esprimersi in italiano corretto". Il maresciallo ha prima querelato il capitano. Ma la sua battaglia giudiziaria è stata archiviata in procura. Si è rivolto poi al ministero della Difesa, con due diversi ricorsi gerarchici respinti. Infine ha affidato il caso al suo avvocato di fiducia, la moglie. A quel punto ricorso al Tar con tutte le carte che dimostravano il contrario rispetto all'accusa del capitano.
I giudici hanno così condannano il ministero della Difesa e l’Arma per "l’eccesso di potere e le insufficienti motivazioni", per "la manifesta irragionevolezza e il travisamento dei fatti" alla base di quelle valutazioni, come si legge sempre sul Nuovo Quotidiano di Puglia. L'Arma e il ministero dovranno così riparare ai danni alla carriera e dovranno risarcire l'uomo delle spese legali: ben 4mila euro.
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