Sono tante le iniziative di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” in favore dei cristiani perseguitati. Alcune silenziose, fatte di sostegno alle comunità più martoriate del mondo, come la costruzione di centinaia di chiese ogni anno, o la realizzazione di campi di accoglienza nel Kurdistan iracheno per migliaia di persone che fuggono da Isis. Altre eclatanti, come la Fontana di Trevi tinta di rosso sangue. Un monito per tutti, compresi i turisti distratti che passavano di lì e che, forse per la prima volta nella loro vita, hanno potuto imbattersi in quello che anche il Dipartimento di Stato americano, nuovamente ieri, ha definito un vero e proprio “genocidio” (Clicca qui per sostenere il reportage de Gli Occhi della Guerra sui "Cristiani sotto tiro").
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” quest’anno, dal 19 al 25 agosto, sarà presente al Meeting di Rimini con una rassegna di 400 metri quadri sulla persecuzione anticristiana dal titolo: “La vostra resistenza è martirio, rugiada che feconda”. I volti della persecuzione anticristiana, gli interventi per non lasciarli soli.
Già perché la persecuzione anticristiana può colpire ovunque e chiunque. A Dacca, dove sono morti nove nostri connazionali. In Kenia, dove i jihadisti di Al Shabaab hanno compiuto una delle più terribili stragi di innocenti degli ultimi anni, quella di Garissa. Fino in Pakistan, dove la scorsa Pasqua un kamikaze talebano si è fatto saltare in aria uccidendo 72 persone.
Nell’esposizione saranno presenti piccoli particolari che indicano una normalità spezzata dalla furia islamista. L’orsacchiotto di uno dei 30 bambini uccisi nell’attentato al parco Gulshan-e-Iqbal di Lahore. La tesi che Mary Muchire Shee, appena eletta Miss Garissa University, non scriverà mai perché la sua vita è stata spezzata a Garissa assieme a quella di 147 suoi colleghi studenti che come lei non conoscevano i versetti del Corano o non hanno saputo rispondere a domande sul Profeta Maometto. Il menù della Holey Artisan Bakery di Dacca che le vittime hanno sfogliato appena pochi istanti prima di essere torturate e uccise per la stessa colpa: appartenere ad una fede diversa da quella islamica. Per questo, abbiamo deciso di chiedere qualche informazione in più al direttore di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, il dottor Alessandro Monteduro.
Dottor Monteduro, come è nata questa mostra?
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” ha, tra gli altri, un compito essenziale: tenere alta la bandiera della testimonianza. La testimonianza che, assieme alla preghiera e alla raccolta di fondi per sostenere i Cristiani perseguitati, è la missione principale della Fondazione. Con questa mostra non solo abbiamo voluto raccontare, in un modo particolarmente coinvolgente, il dramma delle persecuzioni contro i Cristiani, ma abbiamo voluto raccontare anche la speranza che può nascere dalle persecuzioni.
Sui muri dell’esposizione avete deciso di posizionare una scritta molto forte: “Può accadere ovunque e a chiunque per ragioni di fede”. Quasi a voler dire che nel mirino degli islamisti finiscono pure gli islamici.
Innanzitutto rifiuto di attribuire la qualifica religiosa a una serie di atti criminali, che ne sono una tragica antitesi. Perché è esattamente ciò che vuole l'Isis. Quest'ultimo infatti propaganda di guidare la ricostruzione dell’antico Califfato, e per farlo individua un nemico, i "crociati", inserendo in tale denominazione tutti gli occidentali. Assecondare tale contrapposizione è un errore da evitare assolutamente. Del resto l'aggressione terroristica di Isis affonda le sue radici, tra l'altro, nella divisione interna all'Islam, una guerra che si trascina da secoli tra sciiti e sunniti. Noi cosiddetti “crociati” siamo solamente l’ultimo tassello. Per questo possiamo parlare di persecuzioni di tutte le fedi.
Oltre all’esposizione, però, avete attuato una serie di iniziative concrete contro l’estremismo…
E questa è la speranza che nasce dalla persecuzione. Con questa mostra ricostruiamo i luoghi teatro dell’orrore, a Garissa, Lahore e Dacca. Ma ricostruiamo plasticamente anche la nostra idea di speranza. Abbiamo deciso dunque di portare, seppur simbolicamente, la tesi di laurea che Mary Muchire Shee, una ragazza uccisa dai jihadisti di Al Shabaab, non ha potuto discutere. L'abbiamo portata a termine noi pensando a lei. In Bangladesh, dove il mese scorso abbiamo vissuto la strage degli italiani, grazie anche alla iniziativa della famiglia di una delle vittime, Simona Monti, costruiremo una chiesa. E Acs al Meeting edificherà un altare che simbolicamente la rappresenterà. In Pakistan, davanti alla strage di bambini di Lahore, abbiamo deciso di diffondere le Bibbie del fanciullo. Ne porteremo a Rimini 137 copie, in altrettanti differenti idiomi. I terroristi uccidono le classi dirigenti del futuro, noi invece seminiamo la Fede nei loro cuori.
Ma i preti vengono uccisi anche in Europa, come è successo a padre Jacques…
E noi rispondiamo, grazie alla generosità di migliaia di benefattori, formando mille nuovi sacerdoti, in tutto il mondo. La speranza deve sempre prevalere sulla persecuzione.
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