Non c'è tempo per affrontare un nemico alla volta. L'emergenza è il virus e per batterlo bisogna vaccinare tutti. È la via di fuga dalla pandemia. Questo è il fronte caldo del governo Draghi. Non è il solo. Al di là dell'orizzonte c'è un «mostro» in attesa, di cui non si conosce ancora con precisione la massa, ma si sa che è grosso e fa paura. Si chiama disoccupazione e come il virus colpisce uno a uno e non è astratto, perché cambia il destino, il tuo, dei tuoi figli, di chi ti sta accanto. Non appartiene a un'altra sfera rispetto alla salute, perché ti colpisce nel corpo e nella mente e non è solo questione di soldi. Non avere un lavoro ti può uccidere. Per ora il «mostro» è in catene, ma anche così ha già colpito. L'Istat dice che nel 2020 ci sono 456mila occupati in meno e il numero di chi si è arreso, non cerca, non spera, è salito a 13,7 milioni. A cadere sono soprattutto i giovani e le donne. C'è poi chi ha chiuso bottega: aziende, negozi, professionisti, artigiani, partite Iva varie e sfortunate. È tutta gente che fatichi a trovare nelle liste di disoccupazione. Sono vite spezzate, che dovranno reinventarsi un futuro. Non tutti ci riusciranno.
Il «mostro» resterà in gabbia fino a giugno, poi un po' alla volta bisognerà togliergli ceppi e sbarre. I primi a subire i licenziamenti saranno i più garantiti, quei lavoratori che hanno una cassa previdenziale che già prevede sussidi e cassa integrazione. A seguire tutti gli altri. La disoccupazione a livelli patologici è una bomba sociale. Arriverà dopo quasi due anni di sofferenza psicologica, di persone chiuse in casa, impaurite, disilluse, sfibrate dalla resistenza al virus. Rabbia, rancore e frustrazione. La speranza è che almeno il costo della vita non si impenni, perché in questo clima da Repubblica di Weimar manca solo l'inflazione. I segnali al momento sono deboli.
Mario Draghi tutto questo lo sa e quello appena descritto è lo scenario peggiore. La sfida al «mostro» va però affrontata adesso. Il tempo non gioca a nostro favore. È per questo che la prossima mossa che il governo renderà pubblica sarà proprio la riforma del welfare. Draghi ci sta lavorando con il resto del governo, in particolare con Andrea Orlando (ministro del Lavoro) e Daniele Franco (Economia). Quanto sarà forte il «mostro» dipende dalla ripresa e dalle scelte strategiche del piano europeo Next Generation. L'Italia deve recuperare in fretta gli anni perduti, tornare in meno di due anni ai livelli produttivi precedenti al Covid e ripensare il modello economico, perché si può uscire dalla crisi solo se si ha un'idea di come ci vediamo nel futuro. Non è più tempo di tirare a campare, ma servono scelte strategiche coraggiose e innovative.
Serve però anche un paracadute intelligente per chi si ritrova senza lavoro. Non basta il reddito di cittadinanza. La scommessa di Draghi, condivisa in pieno da Orlando, è ridefinire e finanziare le «politiche attive». Se perdi il lavoro devi riuscire a ritrovarlo. Non si può vivere solo di assistenza. Non si può lasciare alla deriva chi ha voglia di lavorare, disincentivare chi può assumere e scoraggiare chi scommette su se stesso, scegliendo di aprire un'attività. Serve una rivoluzione non solo economica. È un cambio di paradigma culturale, che mette in gioco soprattutto il rapporto tra lo Stato e gli individui, i cittadini, le persone, chiamateli come volete. Ci vuole coraggio e bisogna farlo in fretta.
Il primo passo è ridare un senso e un ruolo all'Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro). Ti aiuta a trovare lavoro? No. Non funziona, non abbastanza. Non è un fulcro. Non è una rete. Il presidente è Domenico Parisi e si è perso da qualche parte nel Mississippi.
Forse neppure lui ci crede più di tanto a questo castello immaginario che avrebbe dovuto dare un futuro al reddito di cittadinanza. L'Anpal è una leggenda che qualcuno ha messo in giro. Qui c'è bisogno di realtà. L'Italia non può permettersi un altro fallimento. Il «mostro» chiamato disoccupazione si nutre di democrazia.
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