Oggi pare di sentirli, i professionisti della malafede anti-vaccinista, mentre gongolano nel distorcere i dati dei contagi. 78mila, mai così tanti, fra i positivi anche parecchi che già hanno fatto il richiamo. Abbastanza per farli sentenziare che avevano ragione loro, che il siero è una truffa e siamo cavie da laboratorio.
In realtà, nonostante il boom di casi dovuto a Omicron, il 13 novembre 2020 con 41mila contagi c'erano stati 550 decessi, oggi 202. Inoltre, il tasso di mortalità per i non immunizzati (74% dei ricoverati in terapia intensiva) oggi è di 20 volte superiore rispetto ai vaccinati. Da questi numeri, che spiegano senza dubbi l'efficacia del siero anche a chi non vuole capire, si deve partire per affrontare la nuova fase. La più difficile dall'inizio della campagna vaccinale.
Già, perché oggi, dopo mesi passati a rincorrere i renitenti all'iniezione, bisogna preoccuparsi degli «altri», i vaccinati, quei 46 milioni di italiani che hanno rispettato le regole, fatto il proprio dovere e contribuito - superando qualche inevitabile dubbio - a far ripartire il Paese. E che oggi sono comprensibilmente preoccupati e forse delusi dalla ricaduta in un'emergenza che pensavano superata. Verso di loro, governo, sanità e media hanno dei doveri precisi.
1) Spiegare con chiarezza che il vaccino non è un incantesimo né uno scudo spaziale. La scienza procede per gradi: sarebbe stato miracoloso arrivare ad un siero risolutivo in così poco tempo. Purtroppo non è così, la protezione tende a calare dopo qualche mese e le nuove varianti sembrano poterla aggirare. Però è l'unica arma che abbiamo, e abbatte il rischio di contrarre il virus in maniera grave.
2) Evitare il vizio (recidivo) di una comunicazione schizofrenica in cui spuntano tanti pareri quanti sono i virologi in tv. Sì al dibattito scientifico, ma meno coriandoli di opinioni contrastanti su tutto.
3) Procedere sulla via dell'efficienza. Il duo Figliuolo-Draghi si è distinto per aver creato una macchina logistica inappuntabile. Il caos tamponi che sta esplodendo da Milano a Napoli e il tracciamento approssimativo sembrano suggerire che qualcosa si sia inceppato. Non ora, non quando serve che tutto funzioni. Una popolazione che perde fiducia nel sistema è più incline allo scetticismo.
4) Far prevalere buonsenso e realismo nelle scelte, per esempio sulla riduzione della quarantena per chi ha avuto il richiamo, senza fretta e senza dogmi. Abbiamo già visto come le posizioni ortodosse siano controproducenti. Rigoristi e aperturisti hanno fatto il loro tempo, entriamo nella fase della mediazione, sulla falsariga del «rischio calcolato».
5) Ricordare che il comportamento individuale conta, e tanto. Le mascherine e il distanziamento non sono andati in soffitta con il vaccino.
6) Salvare la scuola. Lo si è sentito infinite volte, e altrettante la conclusione è stata sempre la stessa: aule chiuse, Dad e tanti saluti alle promesse. Ora l'aria pare essere cambiata, non si torni indietro.
7) Controllare. Nessuno chiede misure da Germania Est, ma nemmeno si possono stabilire delle regole e non farle rispettare, nella classica tradizione del Paese di Pulcinella delle leggi aggirate.
Sono lezioni semplici, che dovrebbero già essere acquisite, e sono la chiave per superare anche questa nuova ondata.
Con una preghiera: mentre rincorrete i figliuoli prodighi smarriti sui sentieri del negazionismo, che si affidano alla selezione naturale di Omicron, non trascurate di proteggere i cittadini che si sono fidati della scienza e dello Stato. Sono loro la priorità.
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