L'ultimo martire (stupefacente) della sinistra

L'italiano in carcere per droga in Egitto: o narcos o sprovveduto, comunque non un martire

L'ultimo martire (stupefacente) della sinistra
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Prima che Giacomo Passeri, il 31enne pescarese residente a Londra e condannato a 25 anni in Egitto per traffico internazionale di droga, venga trasfigurato in un personaggio mitologico metà martire e metà rivoluzionario alla Ilaria Salis, come sta già accadendo da quando la sua questione giudiziario-privata è stata spostata sul piano della crociata ideologica e politica, vale la pena fare un paio di considerazioni.

La prima è che bene fa la Farnesina a chiedere il rispetto dei diritti del detenuto italiano Passeri. E questo a prescindere sia dalla sua eventuale colpevolezza (è accusato di aver ingerito 40 ovuli di cocaina, ma gli inquirenti egiziani hanno già dimostrato con Patrick Zaki di non essere esattamente garantisti), sia dal fatto che l'Italia stessa non sia in grado di garantire il rispetto dei diritti dei detenuti che languiscono nelle carceri nazionali. Uno Stato serio fa così, e questo governo ha già dato prova di sapersi muovere in tal senso.

Detto questo, lascia attoniti vedere accostato il nome di Passeri a quello di Giulio Regeni, come fatto dai tanti esponenti della Sinistra radicale troppo ingolositi dal poter usare la vicenda per accusare la premier Meloni di complicità con il regime illiberale di al-Sisi per rendersi conto della follia del paragone. Regeni è stato ammazzato da agenti egiziani solo per aver fatto delle domande scomode e ancora aspetta giustizia. Passeri - che continua a proclamarsi innocente e a negare la presenza dei famosi ovuli - è di fatto accusato di essere nientemeno che un narcos. Proprio nessuno si vergogna a metterli sullo stesso piano con il solo intento di creare un nuovo santino elettorale?

Infine, la questione più insopportabile per chiunque viaggi e lo faccia con rispetto e senso civico. Poniamo che Passeri non avesse quegli ovuli in pancia e che fosse solo in possesso di qualche spinello: siamo sicuri che sia intelligente andare in Egitto a farsi le canne? Non da un punto di vista medico o moralmente bacchettone, sia chiaro, solo dal punto di vista dell'assennatezza. Girare il mondo comporta confrontarsi con sensibilità, culture e codici penali differenti, non per forza liberali e non per forza condivisibili. È tempo - lo è da sempre, ma con il turismo di massa è diventata una necessità impellente - che gli italiani si documentino, leggano, imparino e una volta all'estero agiscano di conseguenza. Lo Stato non può e non deve fare da balia a chi ha l'arroganza di comportarsi in casa d'altri come se fosse nel tinello di casa sua. Siamo quasi 59 milioni, se dovessimo attivare consoli, ambasciatori, avvocati, mediatori e interpreti per qualunque sciagurato decidesse di stonarsi a colpi di hashish dall'Egitto all'Indonesia, hai voglia le risorse del Pnrr. E allora perché non andare a prendere il sole in topless a Teheran come in un film dei Vanzina, o bestemmiare Allah a Islamabad come se stessimo giocando a briscola in una bettola di Livorno?

La realtà è che bisognerebbe addebitare eventuali costi di assistenza a chi viaggia con imperizia.

Copiando i colleghi svizzeri, il soccorso alpino delle Regioni montane fa esattamente così quando è chiamato a salvare escursionisti imprudenti in infradito e canottiera sui ghiacciai. E la Svizzera, fino a prova contraria, per diritti e senso civico non è l'Egitto.

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