Marco Vannini, la Cassazione: "La morte poteva essere evitata"

Secondo i giudici della cassazione, il 20enne romano sarebbe potuto sopravvivere se fosse stato soccorso in tempi opportuni: questo era già stato assodato dai medici, ma anche la giustizia ora lo conferma

Marco Vannini, la Cassazione: "La morte poteva essere evitata"

Anche la cassazione lo conferma: Marco Vannini avrebbe potuto salvarsi se fosse stato soccorso tempestivamente. Il giovane bagnino di 20 anni morto a Ladispoli nel 2015 perse la vita per diversi fattori. In primis, per le "lesioni causate dal colpo di pistola" e poi, appunto, per la "mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto". Chiare e lapidarie le parole della prima sezione penale della Cassazione. La sentenza è stata depositata in data 6 marzo 2020. In essa è spiegata la decisione, presa lo scorso febbraio, nel disporre un processo bis per Antonio Ciontoli e la sua famiglia.

I giudici hanno annullato la sentenza di secondo grado, che, tramite la riqualificazione del reato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo, aveva ridotto la condanna nei confronti dell'ex militare da 14 a soli 5 anni di reclusione. La corte, le cui parole sono state riportate dall'agenzia AGI, ha precisato: "Una condotta omissiva fu tenuta da tutti gli imputati nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola, ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi".

Marco Vannini, in quel momento era affidato alle cure dei Ciontoli

La suprema corte di cassazione ha affermato che Marco Vannini rimase ferito "in conseguenza di quello che si è ritenuto un anomalo incidente". La corte precisa inoltre che in quel momento il ragazzo "restò affidato alle cure di Antonio Ciontoli e dei di lui familiari". Nella sentenza si legge, inoltre, che i Ciontoli "presero parte alla gestione delle conseguenze dell’incidente: si informarono su quanto accaduto, recuperarono la pistola e provvidero a riporla in un luogo sicuro, rinvennero il bossolo, eliminarono le macchie di sangue con strofinacci e successivamente composero una prima volta il numero telefonico di chiamata dei soccorsi". I giudici di piazza Cavour notano che questo insieme di azioni rende chiaro come "Antonio Ciontoli e i suoi familiari assunsero volontariamente, rispetto a Marco Vannini, rimasto ferito nella loro abitazione, un dovere di protezione e quindi un obbligo di impedire conseguenze dannose per i suoi beni, anzitutto la vita". Al momento del ferimento mortale, la sera del 17 maggio 2015, Marco Vannini si trovava nella villetta della famiglia Ciontoli.

A sparare al 20enne sarebbe stato il suocero Antonio, padre della sua ragazza Martina, la quale in questi anni si è laureata in scienze infermieristiche ed ostetriche discutendo una tesi avente come argomento il ruolo del personale infermieristico nei protocolli riabilitativi del personale aereo e sanitario.

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