"Maria Giulia Sergio voleva attentati in Italia"

Ecco perché i giudici hanno condannato la jihadista italiana a 9 anni di carcere in appello

"Maria Giulia Sergio voleva attentati in Italia"

Maria Giulia Sergio - che da convertita si faceva chiamare Fatima - era "determinata a dare il proprio contributo all'attuazione delle azioni terroristiche, ed era anzi desiderosa di compierle in prima persona".

Insomma, era pronta a compiere attentati in Italia e per questo "aveva iniziato ad addestrarsi all'uso delle armi". Lo hanno speigato i giudici della Corte d'Assise di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 19 dicembre hanno condannato a 9 anni la prima foreign fighter italiana.

"Lo scopo di Maria Giulia Sergio era quello di contribuire alla crescita dello Stato islamico", dice il tribunale, secondo cui la ragazza era disposta a raggiungere il suo obiettivo anche attraverso "l'arruolamento dei propri conoscenti" e "il coinvolgimento dei propri familiari nell'organizzazione del viaggio" per raggiungere il Califfato o in alternativa a "fare il jihad in Italia".

Dal quadro descritto nelle motivazione della sentenza, emergono la determinazione di Maria Giulia Sergio, "figura chiave della vicenda processuale" per aver "svolto una funzione di collegamento tra tutti gli altri", nel convincere i parenti con "insistenza spesso connotata da toni aggressivi e perentori". I giudici sottolineano anche il suo fastidio per il fatto "che i genitori e la sorella fossero distratti da questioni terrene", mentre la loro preoccupazione doveva essere solo "quella di sostenere la crescita dello Stato islamico come lei stava facendo". Al padre di Fatima, Sergio Sergio, la Corte d'Assise di Milano ha concesso quindi le attenuanti generiche perché "la decisione di organizzare il viaggio per raggiungere la Siria con la propria famiglia" sarebbe maturata "in un contesto di continue pressioni poste in essere dalle figlie".

Decisivo sarebbe invece l'influsso del marito di Fatima, Aldo

Kobuzi, che "ha rivestito un ruolo essenziale per la vita e l'espansione dell'organizzazione terroristica" ed è, secondo i giudici, "l'imputato che maggiormente ha tradotto in concretezza la sua 'vocazionè al jihad".

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