"Di fronte alla morte nessun commento...". Così, all'Adnkronos, il pm della Direzione nazionale antimafia Nino Di Matteo, sulla morte del capomafia Totò Riina. Di Matteo oggi è il magistrato più scortato d'Italia proprio per le minacce ricevute negli ultimi anni, dal carcere, dal boss mafioso di Corleone. Che aveva una sorta di ossessione nei confronti del pm che rappresenta l'accusa nel processo sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. Era il dicembre del 2013, quando Riina, parlando in carcere con un codetenuto, e senza sapere di essere intercettato, disse: "Lo faccio finire peggio del giudice Falcone. Lo farei diventare il tonno buono".
Ma non era l'unica minaccia a distanza inviata a Di Matteo. Sempre dal carcere erano arrivati diversi 'silurì al magistrato. "Organizziamola questa cosa - diceva sempre in carcere Riina - facciamola grossa e non ne parliamo più, perché questo Di Matteo non se ne va. Dobbiamo fare un'esecuzione come quando c'erano i militari a Palermo". Proprio Di Matteo, nel giugno scorso, intervenendo in aula, al processo sulla trattativa, parlando delle condizioni di salute di Riina, aveva detto al Presidente della Corte d'assise, Alfredo Montalto: "'Riina è lucido e orientato nel contesto. Abbiamo depositato in segreteria la relazione di servizio di un agente penitenziario su alcune esternazioni in carcere del boss.
In concomitanza dell'udienza del 30 marzo scorso del processo sulla trattativa Stato-mafia, Riina aveva parlato dei rapporti tra Ciancimino e Licio Gelli, dei suoi rapporti con Provenzano e della morte dell'ex vice del Dap, Francesco Di Maggio", aveva detto nel corso del dibattimento il pm Nino Di Matteo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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