Pasticcio al tribunale: rinviato (ancora) il processo contro le Ong a Trapani

Nuovo stop alle udienze sul processo relativo ad alcune Ong le cui indagini sono partite nel 2016. Il motivo? Le testimonianze non sono in italiano e molte traduzioni sono errate

Pasticcio al tribunale: rinviato (ancora) il processo contro le Ong a Trapani

Il processo sulle Ong a Trapani per il momento non è destinato a decollare. Nonostante siano passati cinque anni dal sequestro della nave Iuventa, usata dall'Ong tedesca Jugend Rettet, e più di uno dalla notifica di chiusura delle indagini per 24 soggetti, la fase dibattimentale al momento risulta ferma al palo.

L'ultimo episodio si è avuto sabato. Durante l'udienza tenuta nella città siciliana, i giudici hanno deciso per un rinvio del dibattimento al prossimo 3 dicembre. È la seconda volta che il processo subisce uno stop. E i tempi potrebbero ulteriormente dilatarsi.

Cosa riguarda il processo di Trapani

La prima volta che si è parlato di un'indagine sulle Ong a Trapani risale all'agosto del 2017, quando la nave Iuventa è stata posta sotto sequestro. Gli inquirenti erano però a lavoro almeno da un anno prima.

Si era nel bel mezzo della più grave crisi migratoria conosciuta dal Mediterraneo centrale. Nell'estate del 2016 e in quella del 2017, poteva capitare che in un singolo mese potevano sbarcare anche 25mila migranti. In quel biennio il computo totale delle persone entrate irregolarmente in Italia è rappresentato da numeri a tre zeri. In particolare, nel 2016 sono arrivati 181.436 migranti e l'anno successivo 119.310.

Una situazione che ha rischiato di far collassare il sistema di accoglienza. Il dito è stato così puntato sull'attività delle Ong, le cui navi hanno contribuito a far aumentare il numero degli sbarchi. A livello politico, il governo di centrosinistra di Paolo Gentiloni ha ideato nella primavera del 2017, su input dell'allora ministro dell'Interno Marco Minniti, il cosiddetto “codice di comportamento delle Ong”. E, poco dopo, è stato firmato anche un memorandum con la Libia per arginare il flusso migratorio.

A Trapani si è invece mossa la giustizia. I magistrati, in particolare, hanno avviato indagini su alcune delle navi umanitarie più impegnate in quel periodo. La Iuventa, posta sotto sequestro, così come la Vos Hestia e la Vos Prudence, rispettivamente delle Ong Save The Children e Medici Senza Frontiere.

Di questa indagine però per lungo tempo non si è saputo più nulla. Poi nel marzo del 2021 la notizia della notifica di conclusione delle indagini per 24 soggetti, tra cui le tre Ong sopra citate. Le accuse sono pesanti e riguardano, tra le altre cose, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Nelle carte, i magistrati hanno riportato il sospetto di operazioni di salvataggio a volte concordate con alcuni trafficanti.

Sempre secondo gli inquirenti, alcuni interventi avevano come finalità quella di incrementare la propria visibilità, favorendo così “un incremento della partecipazione - si legge nelle carte - anche economica dei propri sostenitori”.

Perché il processo non decolla

Le Ong e i vari soggetti coinvolti hanno sempre respinto le accuse, parlando soprattutto di necessità di intervento al fine di salvare vite umane. Il dibattimento è comunque adesso di fatto fermo. L'iter processuale sta subendo ancora una volta un importante rallentamento.

I difensori degli imputati hanno puntato il dito contro errori commessi dalla procura di Trapani. Così come fatto trapelare da fonti della difesa tramite delle note stampa, le notifiche di rinvio a giudizio sarebbero arrivate in ritardo e molti imputati non hanno avuto il tempo di inviare memorie difensive.

A pesare maggiormente però sarebbe la questione relativa alla traduzione. Diversi imputati stanno ricorrendo a interrogatori volontari, ma molti di loro non sono italiani e in almeno un caso l'interrogatorio della polizia è stato interrotto per via di un'interpretazione errata delle frasi. Da qui dunque il rinvio al prossimo 3 dicembre dell'udienza, con però lo spettro di ulteriori rallentamenti.

Uno degli imputati, Dariush Beigui, ha voluto precisare che la strategia degli interrogatori volontari è volta ad accelerare il processo e non a rallentarlo. “Stiamo correndo il rischio di un interrogatorio volontario che potrebbe essere usato contro di noi – ha dichiarato – Lo facciamo per consentire al processo di andare avanti, visto che non siano criminali e che quindi non abbiamo nulla da nascondere”.

Ma, per l'appunto, la presenza di interpreti non ritenuti all'altezza sta bloccando la fase dibattimentale. Il caso potrebbe essere usato dalle stesse Ong per accendere, in chiave negativa, i fari sul processo di Trapani. Gli attivisti della Iuventa ad esempio hanno lanciato la campagna #NoTranslationNoJustice.

Dall'Eulita, l'associazione europea degli interpreti giuridici, è arrivata una dura accusa contro l'attuale

sistema delle traduzioni. “Una retribuzione ridicola – si legge in una nota – tiene gli interpreti qualificati lontani dai tribunali, con la conseguenza che le udienze devono essere sospese e i costi aumentano”.

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