Una laurea in filologia e scienze dello spettacolo per insegnare, ma il suo handicap non è compatibile con la “buona scuola” di Renzi. Non a Cassano delle Murge, in provincia di Bari. E’ la triste storia di Lorena Liberato di 31 anni. “Esisto anche io” dichiara in un’intervista a un quotidiano locale.
Il suo sogno nel cassetto è insegnare, stare a contatto con i ragazzi che la fanno sentire bene. Per questo, oltre a essere iscritta alle graduatorie di terza fascia, è anche nelle liste per il personale Ata. La sua voglia di lavorare e di realizzarsi, però, non può essere esaudita perché non sono previsti mezzi pubblici a disposizione di chi, come lei, non può spostarsi facilmente a causa della sua disabilità. “ Fare le supplenze vuol dire richiedere un mezzo di trasporto idoneo – dichiara Lorena – e scoprii ben presto di non poter pagare da sola un simile mezzo: mi costa dai 40 agli 80 euro al giorno per percorrere pochi chilometri perché il taxi diventa a carico dell’utente nel momento in cui esce dall’ambito del Comune d’appartenenza. Non posso, però, permettermi di cambiare regione o paese a causa delle mie condizioni di salute”.
Parole forti che dimostrano come la “buona scuola” di Renzi non sia poi così buona se non è possibile risolvere un caso che rimanda alla necessità di aiutare le fasce dei più deboli e bisognosi.
Lorena si è anche rivolta ai rappresentanti politici locali, dal presidente della Regione, Michele Emiliano, al sindaco di Bari, Antonio Decaro, al sindaco del suo paese, Canosa, Vito Lionetti, l’unico che abbia mostrato interesse alla causa.
“Attualmente Lionetti sta facendo di tutto per mettere a disposizione un mezzo di trasporto per me” ha dichiarato la ragazza nell’intervista, ma non c’è lavoro.
Il sogno di Lorena rimane così chiuso a chiave in un cassetto, simbolo di una doppia precarietà di fronte alla quale lo Stato, le istituzioni, chiudono gli occhi in maniera colpevole.
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