Caro Direttore, una semplice domanda: perché andiamo a votare se invece del governo comanda la Magistratura da noi NON votata? Grazie della risposta che credo interesserà tutti i lettori.
Cordialmente
Fernando Galardi
Caro Fernando,
la tua domanda contiene un paradosso che mi ha molto divertito, anche perché molto vero. La magistratura, questa è la sensazione dei cittadini, a volte pare volersi sostituire al potere esecutivo, o fare politica, per di più maldestramente. Non ritengo che siano inammissibili o poco lodevoli certe aspirazioni, tuttavia sarebbe il caso che i magistrati i quali coltivino determinati desideri o ambizioni, si spoglino della toga prima di fare politica, in quanto fare politica con la toga addosso configura una ingerenza su un altro potere dello Stato che si traduce tragicamente in un uso malsano dello strumento giudiziario, che talvolta contribuisce a generare un senso di sfiducia collettivo nella Giustizia, come ho già avuto modo di specificare in questa rubrica. Ed è inutile girarci intorno. Sono cose che abbiamo visto quando a capo dell'esecutivo c'era Silvio Berlusconi, lo abbiamo visto anche quando a capo del dicastero dell'Interno c'era Matteo Salvini, colpevole di volere difendere il principio sacrosanto che in Italia può entrare ed insediarsi soltanto chi ne ha davvero diritto, principio che ci ritroviamo tuttora a dovere proteggere e affermare, quantunque dovrebbe essere scontato, e lo vediamo ora che a capo del governo c'è Giorgia Meloni. Anzi, in questo caso, ad essere bersaglio di atti giudiziari temerari non è soltanto Meloni, ma altri componenti del Consiglio dei ministri. E non adopero l'aggettivo «temerario» in maniera leggera. Forse che il processo contro Salvini non si è risolto, dopo anni e anni di calvario, con l'assoluzione? Adesso assistiamo a qualcosa di assolutamente folle: l'esecutivo viene indagato in quanto ha fatto l'esecutivo, salvaguardando la sicurezza della Nazione e l'ordine pubblico, nell'interesse esclusivo del popolo sovrano, il medesimo popolo che, andando alle urne, ha espresso la sua preferenza in modo chiaro e netto per quei partiti che ora amministrano la cosa pubblica e che quindi, a pieno titolo, ossia legittimamente, su mandato popolare, governano. Mettere costantemente il bastone tra le ruote a chi lavora per il bene del Paese è un compito che non è stato affidato dalla Costituzione alla magistratura. E questo è bene che lo sappiano quei giudici che sembrano adoperarsi nel tentativo di ostacolare Meloni e che magari si credono pure eroi per questo, poiché ideologicamente persuasi che la destra sia brutta e cattiva e che la sinistra sia bella e buona. L'iscrizione nel registro degli indagati di Meloni e company è stata una scelta addirittura ridicola, un esercizio di potere, una prova muscolare di forza, qualcosa che la sinistra ha colto subito per cercare di porre in pessima luce la squadra di governo agli occhi della cittadinanza, la quale non ci casca, anzi, essa è infastidita da questo sforzo di boicottare e diffamare ministri che, come dicono i dati e i fatti, stanno lavorando bene e che hanno contribuito insieme a Meloni ad accrescere il prestigio internazionale dell'Italia.
Mi rammarica il rimpatrio di Almasri a bordo di un volo di Stato. Mi rammarica soltanto perché avrei preferito che quel volo fosse riempito di altri criminali nordafricani che affollano le nostre carceri. E non è un mistero che gli stranieri detenuti siano in gran parte di nazionalità marocchina, tunisina, egiziana. Io ritengo che rispedire Almasri a casa sua sia stata una decisione niente affatto facile ma profondamente giusta e opportuna. Una scelta diplomatica, la cui ratio risiede nella necessità di salvaguardare il nostro interesse nazionale, la nostra sicurezza e l'ordine pubblico.
Chi governa a volte deve prendere decisioni scomode, non agevoli, difficili, per il bene della patria. E questo non è un reato. È un alto merito. L'iscrizione nel registro degli indagati non mi sembra esserne degno tributo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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