È il caso di spendere qualche parola a favore di Roberto Vannacci e della sua candidatura nella Lega. Non ho trovato da nessuna parte un solo intellettuale, imprenditore, consigliere di amministrazione, giornalista da torre d'avorio, insomma qualcuno della cosiddetta classe dirigente, che abbia detto: «Io lo voto», o magari anche solo avere, con prudenza, buttato lì che il famoso libro vannacciano Il mondo al contrario contiene tante buone ragioni per essere stato un successo, tra cui una banalissima che faccio mia: dice parecchie verità.
Una è lampante, tipo che le foglie in primavera sono verdi. Ed è la distanza spaventosa, misurabile in anni luce, tra il sentire delle brave persone dette massa e delle brave persone dette élite. Le prime qualche volta osano persino pronunciarsi al bar o in qualche sagra patronale su quanto ritengono sia normale e che cosa no, e sono per questo consegnate al lazzaretto dei razzisti, omofobi, colonialisti, dal secondo tipo di brave persone, che però sono un po' più uguali delle altre, e così si arrogano il diritto di seppellire queste anime miserabili nella vergogna di esistere.
Vannacci ha avuto il merito di dar fiato, con prosa decente e argomentata, a idee alternative a quelle della crème, i cui parrucconi sono rimasti interdetti nello scoprire una resistenza popolare alla fede indimostrata e indimostrabile nel Dio uno e gay, anzi Lgbtqi+.
La popolazione è assai diversa dall'idea di popolo che si sono costruiti nella loro testa Schlein e compagni, e inaspettatamente non è affatto rassegnata a lasciarsi espropriare il cervello da lorsignori progressisti, i quali non riuscendo a sbarazzarsi razionalmente delle considerazioni dei conservatori, le qualificano come indegne di essere considerate umane.
Poveretti. Nel discorso pubblico, e ormai persino in quello privato, avevano preteso di delimitare il territorio della civiltà con un cartello con su scritto «Achtung Banditen!», escludendo dal recinto del dibattito democratico chi esprimesse sentimenti e osservazioni dettate dalla realtà invece che ispirate alle fumisterie à la page delle élite. Pensavano di essere riusciti perlomeno a liquidare Vannacci come impresentabile (...)
(...) nelle liste. La scelta di Matteo Salvini di inserirlo nelle liste obbedisce a un calcolo di libertà, magari anche furbesco, ma permettetemi un sommesso applauso. La sinistra dei quartieri alti non si limita ad aver colonizzato le zone Ztl ma pretenderebbe il diritto di espropriare le convinzioni di chi insiste sull'antica opinione che sposarsi tra uomo e donna (magari anche più volte e con diversificazioni nel medesimo ambito) per essere poi chiamati padri e madri, e non genitore 1 e 2, sia normale, e un po' meno la consuetudine più fluida. Normale dal punto di vista statistico e persino etimologico (norma viene da nomos che vuol dire pascolo comune), senza che questo comporti il divieto di praticare altri percorsi anatomici e frequentare pascoli arcobaleno a chi li prediliga, ma per favore non pretenda di colorare in questo modo il prato della maggioranza, stabilendo leggi all'uopo. Retrò sarete voi. Battuta volgare? Scusate se cito Pirandello, anche se non fu antifascista: «Gente volgare noialtri».
Intanto Vannacci, insieme con le sue convinzioni, è sottoposto a trattamenti di chirurgia plastica, alternativamente deformandolo burlescamente come lo scemo del villaggio oppure mostrificandolo quasi fosse un velociraptor che mangia trans e africani, compresi i bambini, e poi ne sputa gli ossicini. Lo definiscono «vecchio zio matto che parla al pranzo di Natale» (Fanpage) spingendo uno di solito misurato come Pierluigi Bersani a definirlo come «uno che vuole far arretrare la civiltà posso dargli del coglione?» o «il razzista della porta accanto» (Pierfrancesco Majorino, capo del Pd in Regione Lombardia, che insisto nello stimare causa il suo buon italiano).
Neanche io voterò Vannacci, e l'ho già scritto: non ci posso far niente se provo un'attrazione per Giorgia Meloni, e non nel senso di qualcosa ormai disperso nelle memorie del millennio scorso, ma intendendola come un salvagente di libertà, persino per il ceto medio, residente nei condomini e nelle villette a schiera, di coltivare i propri convincimenti.
Ad esempio, evitando di dipingere di nero Biancaneve e di allungare le gambe ai nanetti di gesso del giardino, come invece ha fatto la Disney, e come vorrebbero diventasse un obbligo le Schlein e gli Zan, che a noi non dispiace se ne stiano nelle loro belle liste, senza rompere i cosiddetti alle nostre.
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