"Quella notte da Berlino...". La Rackete svela il retroscena sullo speronamento

La "capitana" della Sea Watch parla di quanto accaduto nella notte tra il 28 e il 29 giugno del 2019. Usa toni da sfida ma rivela anche un "tradimento" da Berlino

"Quella notte da Berlino...". La Rackete svela il retroscena sullo speronamento

Carola Rackete c'ha messo un po' di tempo. Ma adesso abbiamo tutti le idee più chiare: speronare una motovedetta della Guardia di Finanza per entrare (di forza) nel porto di Lampedusa è stato un gesto per sfidare direttamente Salvini e il governo italiano. L'ex comandante della Sea Watch che nella notte tra il 28 e il 29 giugno ha ignorato tutte le leggi italiane per scaricare su un nostro molo centinaia di migranti, in un'intervista a Repubblica spiega come sono andate le cose e dal tono che usa appare chiaro tutto il suo livore contro l'ex ministro degli Interni: "Alla fine Salvini ha perso".


Parole dure e vittimismo

Poi le parole si fanno ancora più dure e la Rackete usa termini come "abbattere" e "sbarazzarsene". Lo fa proprio descrivendo la sua azione di quella notte e soprattutto spiegando i motivi della sua decisione: "Io mi sentivo dalla parte giusta della storia. Per me era chiaro che il muro invisibile eretto in mare contraddiceva le leggi internazionali marittime e che, per sbarazzarsene, qualcuno doveva avere la forza di abbatterlo. Se io avessi scelto di evitare lo scontro, qualche altro capitano si sarebbe trovato nella medesima situazione". Ma in questo lungo colloquio non manca un po' di vittimismo. La "capitana" spiega che se al timone ci fosse stato un uomo, Salvini non avrebbe usato il pugno di ferro. Balle: l'allora ministro degli Interni ha più volte bloccato l'ingresso di navi delle Ong indipendentemente da chi si trovasse in plancia di comando. Il tutto non per odio verso la Rackete di turno, ma di fatto per far rispettare le leggi in vigore introdotte con il decreto Sicurezza. Ma tant'è. Il protagonismo della Rackete straborda ormai dal suo Ego.


Il retroscena su Berlino

Ma la paladina delle Ong rivela un altro retroscena su quella notte. Un particolare che avvalora ancora di più la tesi di uno scontro cercato e voluto sul piano personale contro l'allora titolare del Viminale. A quanto pare il "back office" di Sea Watch non era d'accordo con le manovre della Rackete. Il quartier generale di Berlino non aveva dato l'assenso alla manovra spericolata e nemmeno all'ingresso nelle acque territoriali italiane. Ed è lei stessa a parlarne: "Da una parte c'eravamo io, il capo missione Philipp e il capo medico di bordo, dall'altra il back office di Berlino. Sia quando sono entrata nelle acque territoriali italiane, sia quando ho forzato il blocco a Lampedusa, sono andata contro le raccomandazioni del back office. Non avevamo un accordo stabilito o una strategia comune. Ho preso una decisione che trovava contraria una parte della ong". Quella notte la Rackete scelse in autonomia di sfidare le leggi italiane per poi accaparrarsi anche i flash della stampa vicina ai "buonisti".


Il tradimento di Sea Watch

Ma a quanto pare Sea Watch l'avrebbe scaricata dopo lo sbarco. E ora la Rackete vuota il sacco accusando tra le righe i suoi compagni d'avventura di averla tradita dopo aver forzato il blocco. Ma lei rifarebbe tutto. Anzi lo rifarebbe in modo più rapido: "Entrerei in porto anche prima, senza perdere tempo".

Adesso però il mare è lontano. La Rackete si occupa di temi ambientalisti, ha trovato una nuova strada. Non ha più voglia di rimettersi al timone. Almeno fino al prossimo giro: quando avrà un altro avversario politico da sfidare...

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