Nuova cura allunga la vita agli anziani

Sono almeno 15milioni le persone in Europa che convivono con lo scompenso cardiaco. Quasi 600 mila in Italia. Pazienti di età avanzata, per lo più di sesso femminile che, nonostante le terapie esistenti, devono affrontare ripetute ospedalizzazioni ed un elevato rischio di mortalità (muore circa il 30 per cento degli scompensati a livello cardiaco a un anno dalla diagnosi, il 50 per cento, nell'arco di cinque anni). Ridurre la mortalità e le ri-ospedalizzazioni, è una priorità. Si parte dalla prevenzione, con la diagnosi tempestiva, dieta e attività fisica. Poi occorre investire in ricerca, per identificare nuove soluzioni terapeutiche, efficaci nel migliorare la sopravvivenza. In questo senso, un esempio chiaro è LCZ696 (sacubitril/valsartan), molecola capostipite di una nuova classe farmacologica, gli Arni (inibitori dell'angiotensina e della neprilisina). Il farmaco, sviluppato da Novartis, si annuncia come un avanzamento straordinario, nel trattamento dello scompenso cardiaco cronico: secondo dati dello studio Paradigm-Hf, LCZ696 ha mostrato di ridurre in modo significativo sia il rischio di morte cardiovascolare del 20 per cento, rispetto alla terapia standard con Ace inibitore enalapril e sia i ricoveri ospedalieri del 21 per cento. Evidenze che hanno portato il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp), ad adottare parere positivo per la molecola. Una decisione, questa, che pone le basi per una probabile approvazione del medicinale, nei pazienti con scompenso cardiaco cronico e con funzione ventricolare sinistra ridotta, in tutta Europa, entro la fine dell'anno.

«I risultati sorprendenti ottenuti nel corso dello studio clinico Paradigm-Hf mi hanno portato a credere che, una volta approvato, questo farmaco innovativo potrebbe sostituire rapidamente gli ACE-inibitori, che hanno rappresentato le fondamenta terapeutiche per più di 20 anni», ha dichiarato John McMurray, professore dell'università di Glasgow, Scozia e uno dei due principal Investigator. «Migliaia di vite potrebbero essere prolungate e migliaia i ricoveri evitati, grazie ai peptidi natriuretici (ormoni benefici per il cuore), inibendo il sistema nocivo Raas».

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