Occhio alla gaffe sull’ultima curva: potrebbe costarti la Casa Bianca

Dalle lacrime di Muskie, ai capitomboli di Dole fino alle sfide boomerang di Hart. Fino a ieri bastava niente per tagliarti fuori dalla corsa alla presidenza Usa. Ma la Clinton e Trump hanno cambiato le regole. A meno che nelle ultime ore...

Sara Palin: infilò una serie dietro l’altra di gaffes
Sara Palin: infilò una serie dietro l’altra di gaffes

Quando Ed Muskie, uomo forte dei democratici alle primarie del ’72, arrivò davanti alla sede del giornale su un camion scoperto in piena tormenta di neve per sfidare l’infame, si convinsero tutti fosse arrivato Rambo prima ancora che Stallone lo inventasse. Ed voleva farla pagare cara a William Loeb, la penna più feroce del «Manchester Union Leader», il quotidiano conservatore che aveva insinuato cose poco carine sulla di lui adorata moglie Jane. Nell’arringa però gli scappò la lacrima del marito ferito, «era neve sciolta» si difese invano, e il camion che doveva portarlo lontano lo schiacciò sulla neve. Fu facile per i suoi nemici dimostrare che non poteva essere Commander in chief una mammoletta che sotto pressione piangeva per così poco.

Sembra strano ma prima che Trump sdoganasse la gaffe seriale erano figuracce del genere a eliminare un candidato dalla gara elettorale più importante del mondo. Soprattutto se la figuraccia la infilavi all’ultima curva. La corsa di Bob Dole alla Casa Bianca per esempio precipitò da un palco elettorale di Chico in California, un volo di tre metri mentre cercava di stringere le mani ai fan, appoggiandosi a una balaustra decorativa, piantata sul nulla. Aveva 73 anni contro i 50 di Clinton. La differenza di età si vide tutta in diretta tv.

Un urlo invece polverizzò, anno 2004, Howard Dean governatore democratico del Vermont. Piaceva al popolo della rete, era il grande favorito, ma quando rosso in faccia e su di giri radunò a teatro i suoi per un comizio surreale chiuso con un urlo alla Tarzan diventò in un amen lo zimbello di tutti. Il «Dean scream» si trasformò in tormentone e parodia e la risata lo seppellì. Al candidato democratico Gary Hart fu fatale una tipa di nome Donna Rice. Lui sfidò i giornalisti: «Provate che ho l’amante». Fu accontentato. Fino a ieri chi controllava le parole controllava il potere per questo alle parole dovevi stare attento. Un video virale su youtube stroncò sul posto le primarie del repubblicano George Allen, quando chiamò «macaco» un indiano americano che lo stava riprendendo. Jerry Ford e Mike Dukakis si misero ko da soli nel ring del dibattito tv, il primo quando gli scappò il contrario di quello che voleva dire in piena guerra fredda: «Non c’è alcuna dominazione sovietica nell’Europa dell’est...»; il secondo quando alla sobria domanda cosa farebbe da presidente se sua moglie fosse vittima di uno stupro, invece di rispondere da uomo disse più o meno mi rimetterei alla clemenza della corte.

Peggio fece Gene McCarthy che definì i sostenitori di Robert Kennedy «i meno istruiti e intelligenti d’America». Quando Bob viene ucciso i «meno intelligenti» si ricordarono di lui e alle presidenziali ci mandarono Humphrey.

La gaffe di McCain invece fu scegliere Sarah Palin come vice. I sondaggi decollarono prima che aprisse bocca e precipitarono dopo che l’aprì. Oggi potrebbe essere la candidata ideale. Hillary ma con il vocabolario di Donald.

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